Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film
Due lunghissimi sketch descrivono, prima in grande, poi in piccolo, la grottesca agonia di un'Italia provinciale, che - nonostante gli strepiti di emancipazione e le spinte verso la globalizzazione – in realtà non ne vuole proprio sapere di morire. La prima parte è dedicata alla tv degli anni ottanta: questa, inizialmente pensata come un potente strumento di unificazione nazionale, in realtà, non fa altro che amplificare le goffe ambizioni maturate nei tanti orticelli di cui è costellato lo Stivale. Il teleschermo ha infatti il magico potere di rendere protagonista ogni minuscolo ego che vi si esponga, come un protozoo visto al microscopio. I telequiz, in particolare, capaci di trasformare i nozionisti monomaniacali in mitici modelli di erudizione, prefigurano, nella politica del "tutto fa spettacolo", l'attuale deriva dei reality e dei talk show, dove, a creare le star, è unicamente la volgare forza della stravaganza. Il sogno da realizzare non è evolvere per diventare importanti, bensì poterlo essere, senza sforzo, per quello che si è. Nella seconda parte, attraverso un raffinato intreccio di improvvisazione e programmazione, verità e menzogna, viene messo a nudo il significato borghese del concetto di "famiglia fondata sul matrimonio": una tradizione che mira ad autoriprodursi, senza ammettere deroghe di carattere critico o sentimentale.
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