Regia di Edward Buzzell vedi scheda film
Con un intreccio pressoché identico a quello di Un giorno alle corse, Chico e Harpo cercano questa volta di salvare un circo dalla bancarotta facendo ricorso all’eterno deus ex machina Groucho, qui nei panni dell’avvocato Loophole (= scappatoia), e dell’altrettanto eterna sorella Marx, la straricca signora Dukesbury (M. Dupont). Gli ingredienti narrativi e tecnici sono quelli già visti tante volte: il romanzetto d'amore di contorno, qualche buon comprimario (questa volta la grande caratterista Eve Arden, curiosamente nei panni di un personaggio negativo) e alcune canzoncine melense unite a due momenti musicali più complessi: il numero di Harpo con un folto gruppo di musicisti e ballerini di colore usciti letteralmente dal nulla, che tanto ricorda – ma in meglio – l'interminabile performance già vista in Un giorno alle corse, e soprattutto Lydia the Tattoed Lady, cantata da Groucho, divertentissima ma incomprensibile per chi non ha dimestichezza con la lingua di Shakespeare, visto che nella versione italiana non è né doppiata né sottotitolata. Forse proprio per questo senso di déjà vu, che però nei film dei Marx non si traduce mai in routine, non sono molti gli estimatori di questo film che invece avrebbe tutti i numeri per essere considerato parte integrante del loro periodo d'oro. Molte delle critiche espresse sono francamente ingiuste. Non solo la trama è molto più lineare rispetto ad altri film precedenti, anche se è dubbio che questo possa essere considerato un vantaggio comparativo quando si parla dei nostri, ma anche tra le gag ve ne sono di memorabili: l'irruzione nella minuscola stanzetta del nano Professor Atomo, con relativa e inevitabile distruzione finale, la perquisizione nella cuccetta dell'uomo forzuto, la partita a dama tra Harpo e la sua foca da compagnia, la camminata sul soffitto di Groucho con l'acrobata Pauline, l'orchestra che va alla deriva mentre suona un imponente pezzo wagneriano (il Preludio al terzo atto del Lohengrin) su una piattaforma collegata alla terraferma a cui i Marx tagliano gli ormeggi. Per non parlare della scena forse più iconoclasta di tutta la loro filmografia: l'incredibile lancio di Margaret Dumont dal cannone del circo. Vero è che, nel recitare certe battute, Groucho ha un'aria stranamente imbarazzata, come se non ci credesse molto nemmeno lui, ma in compenso la sua invasione della camera da letto di M. Dumont, che in pochi minuti passa dall'ira più funesta all'ammirazione più sviscerata, è da manuale. Checché se ne dica, ottanta minuti di divertimento maestoso nel più puro stile Marx.
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