Regia di Giulio Paradisi vedi scheda film
E’ Nino Manfredi a salvare quel poco che c’è di salvabile in un film pieno di incongruenze, dalla sceneggiatura decisamente fiacca e diretto con mano malferma da un regista pressoché sconosciuto. In un ristorante di Londra, cinque camerieri italiani vengono presi in ostaggio da tre rapinatori di colore che si improvvisano militanti di un immaginario gruppo di liberazione di non si sa bene cosa. L’impianto è pressoché teatrale e la narrazione si concentra essenzialmente sul rapporto che viene ad instaurarsi tra Nino Manfredi e il capo dei tre malviventi. Gli altri personaggi sono figure appena abbozzate, con tutti i luoghi comuni che ci possono attendere dall’interazione tra un Siciliano, un Sardo, un Marchigiano, e via di seguito, alle prese da una parte con tre ingenui balordi e dall’altra con le forze dell’ordine britanniche impegnate in un’assurda trattativa. La vicenda avrebbe probabilmente raggiunto tutt’altro livello se il film fosse stato interpretato dai vari personaggi nelle rispettive lingue. Gli Italiani si sarebbero espressi in un italiano dialettale tra loro e con un gustoso inglese rivolgendosi ai sequestratori e alla polizia. Imponendo invece l’italiano come unica lingua, il tutto appare appiattito e, soprattutto, artefatto. Alcuni momenti restano tuttavia godibili, in particolare quando Nino Manfredi lascia libero corso al suo umorismo romano/ciociaro, con battute degne del suo miglior repertorio e alcune tirate che ne ricordano l’immenso talento.
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