Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Un film figlio di un'epoca estinta ma che ancora oggi ha un effetto enorme in chi lo guarda, che sa toccare le corde emotive giuste senza mai scadere nella furbizia.
Zabriskie Point, come ogni film di Antonioni, è un film profondo ed affascinante e, come ogni film di Antonioni, non è facile da recensire. Inizia in un luogo chiuso dove degli studenti dibattono sulla rivoluzione, si intuisce ben presto la vacuità dei loro discorsi, spesso fini a loro stessi, il cui uno scopo è un indefinito desiderio di ribellione che non sfocia in nulla di concreto, che forse non ha altro scopo che combattere la noia. Lì emerge il personaggio principale, Mark, un ragazzo silenzioso dall'animo indomito che, si scopre ben presto, non riesce a comunicare né coi suoi simili né con l'alienante clima superficiale e consumista degli Stati Uniti, intriso di una stupidità che ha dell'aberrante e dell'inquietante. Un clima che, tuttavia, è ben difeso da una polizia che definire fascista è dire poco. Parallelamente c'è una ragazza, Daria, con le stesse problematiche di Mark, in fuga nel deserto da non si sa cosa, forse da una società con cui sente poca affinità. Dopo uno scontro con la polizia, Mark fugge anch'egli nel deserto con un aereo rubato e lì incontra Daria. Insieme finiscono nello Zabriskie Point, un luogo di grandi laghi ora prosciugati. Lo Zabriskie Point è selvaggio, arido, forse pauroso, situato nel cuore del deserto. Eppure lì, come dice Daria, incredibilmente, riesce a crescere una strana e bellissima vegetazione. Forse questo sono i due personaggi principali, due piante rare ed indefinibili cresciute in un luogo a loro ostile, ma davvero bellissime. Lì finalmente Mark e Daria paiono riuscire a lasciarsi andare, fanno l'amore e trovano una certa forma di armonia con la natura, seppure il paesaggio sia ostile all'uomo.
Lo Zabriskie Point, Antonioni ce lo mostra con inquadrature larghissime accompagnate dal suono discreto e silenzioso del vento. Il deserto ci penetra nella vista, nelle vene, nelle viscere; inquadrature larghe che danno un senso di pace, di libertà e magari anche un desiderio di fuga.
Mark decide poi di riportare indietro l'aereo sancendo così, volutamente, la propria distruzione. Daria viene a sapere della fine del suo amico alla radio e ne è distrutta ma, dopo aver immaginato tutti i simboli dell'America e del consumismo che saltano in aria in mille pezzi, continua la sua fuga. Antonioni ci mostra questo suo desiderio di distruzione attraverso una lunga e lenta sequenza e lì, dietro il suo stile sempre elegante e sobrio tipico di un grande autore, si intravede un'anima autenticamente ribelle.
Rimane infine l'impressione di aver assistito ad un film grande e bellissimo, dove i pochi dialoghi, le lentezze ed i campi larghi sembrano lasciare spazio ai pensieri dello spettatore. Un film che vuole più emozionare che far riflettere, un road movie tragico che è davvero un inno alla Natura ed un invito a lasciare la società per ricostruire un rapporto privilegiato con la creazione. Zabriskie Point non è solo una critica alla società statunitense, come pure potrebbe sembrare, ma è una critica alla società degli uomini, alla società idiota ed alienante da cui chiunque tenti di distaccarsi è destinato alla miseria ed alla morte. Un film figlio di un'epoca estinta ma che ancora oggi ha un effetto enorme in chi lo guarda, che sa toccare le corde emotive giuste senza mai scadere nella furbizia, nella superficialità, nella scontatezza e che evita di rappresentare i sentimenti umani con facilità. Probabilmente un capolavoro.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta