Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Chi l’ha detto che bisogna per forza capirli, i film. Ci son quelli, ad esempio, che fanno parte di una determinata categoria, non molta ampia, di storie volutamente incomprensibili. Svelare l’arcano intrinseco de Il pasto nudo può essere addirittura dannoso, perché inevitabilmente alla fine ci si porrebbero fin troppe domande senza risposta. Mettiamo caso che lo spettatore non abbia letto il romanzo al quale il film si ispira – ecco, prendo il mio caso. Mi dicono essere libro alquanto sibillino e a tratti perfino delirante. E allora cosa dovrei aspettarmi da un film del genere? Intanto partire dal presupposto che tutto ciò che si vedrà sullo schermo non è solo frutto dei tormenti metafisici di William Burroughs, ma anche (e soprattutto) del talento visionario di David Cronenberg. Benissimo. Ma partire nella rievocazione narrativa del film è quanto mai ardito, è come navigare in mare aperto. Il plot, in fondo, è universale, ossia la situazione critica nella quale versa l’uomo contemporaneo. E lo svolgimento ad intrigare. C’è un tale, William Lee, fa il deratizzatore, uccide per sbaglio la moglie drogata, scappa a Tangeri ed entra in un mondo completamente fuori dalla dimensione umana. Da questo momento, Lee si ritrova a dover combattere con le sue allucinazioni, che prendono vita sotto forma di coleotteri generati da macchine da scrivere, di strani esseri che secernono una sorta di liquido a metà tra lo sperma e la droga, di entità untuose e striscianti.
Film sulle illusioni e sulle sue indecifrabili conseguenze, Il pasto nudo impressiona nel contesto fantastico e tossico nel quale si presenta: è un incubo senza fine, spesso raccapricciante e che sfiora non di rado un certo compiaciuto ed esposto kitch stilistico con le sue invenzioni creative e spettacolari. I temi cardinali sono tanti: i pericoli dello scrivere; il sesso nelle sue forme più estreme; l’omosessualità e la sua valenza sociologica; il tormento interiore; la droga e i suoi devastanti ed allucinanti effetti; la mente e i suoi percorsi; l’orrore nascosto del quotidiano; le menzogne degli insospettabili; gli insetti e i loro misteri. Onirico e trascendente, confezionato con l’eleganza subdola di chi sa di mentire perché non conosce, pieno zeppo di metafore sulla vita e di segreti sfuggenti, è, più che un film, un’esperienza esistenziale alla ricerca dell’assoluto, che gioca nei nostri personali labirinti nella mente.
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