Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
Ricostruzione molto libera e in chiave smaccata di commedia per le vicende bibliche del falegname Giuseppe, secondo la leggenda padre adottivo del dio dei cristiani. La blanda, ma tutt'altro che irriverente o addirittura blasfema, sceneggiatura firmata dal regista e da Ugo Chiti prende spunto dall'omonimo romanzo di Pasquale Festa Campanile, al quale il film è dedicato in estremo oltraggio, essendo l'autore morto da ormai sette anni. Nessun tentativo di critica, anzi le questioni centrali della storia sono banalizzate (l'accettazione 'solo per amore' del figlio di un altro oppure il rapporto ignominioso fra un uomo adulto e una ragazzina, poco più che bambina - qui trasformata nella diciannovenne Penelope Cruz per non correre alcun rischio), quando non sono rese semplicemente insulse, come il personaggio 'lievemente sopra le righe' di Giuseppe che vira quasi al buffonesco nell'interpretazione fin troppo personale di Abatantuono. Meglio di sicuro la sua spalla sul set, l'impeccabile Alessandro Haber, premiato giustamente con il David; curiosamente il premio andrà anche alla discutibile sceneggiatura, oltre che alla produzione (Aurelio De Laurentiis). Seconda regia per Veronesi, a sei anni dallo sperimentale (sempre in maniera molto, molto pacata) Maramao; alla luce delle sue future produzioni, Per amore solo per amore sembra quasi un capolavoro. Cosa che, ovviamente, è ben lontano da essere. 3,5/10.
Il falegname Giuseppe, nell'antica Palestina, ama andare a donne; cambierà le sue prospettive di vita l'amore platonico della piccola Maria, che diverrà concreto una volta che la ragazzina sarà adulta. Presto dall'unione dei due nascerà un figlio: ma Giuseppe sa di non essserne il padre.
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