Regia di Zack Snyder vedi scheda film
Più Wonder Woman (e Aquaman) per tutti.
E invece.
L'intrico produttivo/realizzativo venutosi a creare con l'abbandono forzato di Zack Snyder (causa gravissimo lutto in famiglia) e l'arruolamento – improvvis(at)o e anticipato – del transfuga marveliano Joss Whedon (che mette mano alla sceneggiatura e “finisce” il film, dal campo alla postproduzione), si traduce in un cortocircuito che genera un complicato ibrido, strano e “apolide”.
L'incipit – una sorta di Super8 in cui dei bambini intervistano il Superman pre-decesso – è Whedon; almeno una scena dopo i titoli (ehm …) e alcuni dialoghi “brillanti”, idem. L'azione – messa in scena, estetica, senso degli spazi e dell'epica –, perlopiù, è materia nota del regista di Batman v Superman.
Le debolezze, strutturali, endemiche, quelle di sempre delle opere a marchio DC.
La classica origin story del supergruppo di eroi passa da dinamiche, elementi, passaggi che sono un rito obbligato, una direzione obbligato, ma con una esilità dei fili che intessono storia e interazione tra i personaggi che è difficile trascurare.
Trama dal semplice/semplicistico al ridicolo oltre che stravisto, caratterizzazione disomogenea, coerenza narrativa zoppicante (eufemismo), tenuta affannosa, incertezza “direzionale” (qualcosa del tipo: «teniamo fede al brand, viriamo in senso marvel, strizziamo l'occhio a quella cosa con le Amazzoni che ha preso il plauso generale?»), fanno di Justice League un prodotto problematico, con alcuni pregi e tanti, tantissimi limiti.
L'Aquaman erculeo/tamarro/ironico, grifagno e ingrifato, di Jason Momoa è uno spettacolo (magari meno il costume ma tant'è); Gal Gadot nelle succinte - che-Madre Natura-sia-lodata!- vesti di Wonder Woman illumina lo scena ogni volta che il suo volto o le sue cosce o il suo divin posteriore sono inquadrati. Allora, perché non sfruttarli meglio? Soprattutto quest'ultima, reduce da un successo di pubblico e di critica insperati, sembrava aver indicato una (pur paracula) via …
E poi.
Il Batman di Ben Affleck pare svagato, annoiato, stanco (in tutti i sensi), il Flash di Ezra Miller – in quota “teen” – tende all'irritante (la battuta è sempre forzata, fuori tempo), il villain è scemo e poco incisivo as usual, Cyborg boh, meh, uff; e il racconto incespicante, i tempi morti un'iniezione comatosa, i siparietti da comedy urticanti (una sola scena riuscita: Aquaman che si lascia andare a rigurgiti di verità in quanto seduto sul lazo di WW), la CGI – capace di annientare respiro e adrenalina dell'azione – patetica, i refoli di fantasy posticcia pronti a tramutarsi in una bora vomitosa, una bara dell'empatia, una birra calda e moscia che sa di urina.
Insomma, un casino.
Eppure sotto e sopra le brutture, il tentativo, come sempre, di fare Cinema.
Ma, soprattutto battiti di cuore.
Che sono – incredibile – quelli di Superman. Costretto per più della metà del tempo a risiedere sotto terra, nei flashback e nelle parole di chi lo conosce (dal Bruce Wayne rivestito di sensi di colpa alla Lois Lane che non riesce a riprendersi), il kriptoniano pulsa – per la prima volta – di un carico emozionale e “morale” che nobilita (in parte) l'operetta.
Bello e significativo il “ritorno”, con le sue implicazioni – etiche e “terrene” –, la nebbia mnemonica e identitaria che lo conducono a un sanguinoso scontro fratricida con gli altri giustizieri (felicissimo il «Tell me, do you bleed?» rispedito al mittente), la rinascita autentica del sentimento (un ritratto impressionista tra i sempre amati campi di grano e l'amore senza tempo di Lois Lane). Sciolte le briglie, può permettersi persino di fare – riuscendoci – il simpatico.
La gestione delle varie anime, pertanto, lascia trasparire tutta la complessità e la precarietà dell'operazione (più che negli omologhi Avengers, aiutati dalla leggerezza che tracima nell'inconsistenza): una confusione di idee che, probabilmente, significa un altro insuccesso al box office.
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