Regia di Giovanni Bognetti vedi scheda film
Non essendo disponibile la solita babysitter e non avendo tempo per cercarne un'altra, un riccone affida il suo bambino per una notte a un suo dipendente, un povero sfigato. Quella sera stessa è pure il compleanno dello sfigato, che si ritrova una festa a sorpresa organizzata nella sfarzosa villa del riccone. Danni e guai.
Uno dice: Ruffini e Mandelli insieme, più Francesco Facchinetti (Dj Francesco, per capirci) in un ruolo laterale: fino a che punto sposteranno nuovamente in basso l'asticella del cattivo gusto e di quanti ulteriori gradi faranno precipitare lo zero della comicità? Invece no, almeno in parte I babysitter sembra una commedia sì sguaiata, scioccherella, superficiale, stereotipata, banalotta e tutto il resto che si può immaginare senza fatica alcuna, ma anche dotata di un impianto narrativo intrigante, a suo modo accattivante. Come sarà possibile? Ma è semplice: il film è un instant-remake di un successo francese del 2014, appena 2 anni prima: Babysitting (regia di Philippe Lacheau e Nicolas Benamou); la sceneggiatura del regista viene da tale soggetto ed ecco perchè la trama vive qualche momento riuscito e l'andamento della storia può suscitare perfino tensione e curiosità, come nella scena del ritorno a casa dei genitori o nella risoluzione del finale. Al di là di questo meccanismo ben congegnato, a riempire tale solido scheletro ci sono alcune idee carine e una marea di vacuità e pure qualche volgarità del tutto gratuita - ma queste ultime, considerati i protagonisti, non sorprendono. A proposito degli interpreti: se i perniciosi Ruffini e Mandelli (l'apice della cui prestazione è uno scambio di lingue dure verso il finale) seminano danni lungo l'intera durata del lavoro, va quantomeno tirato un sospiro di sollievo osservando la caratterizzazione buffa affidata a Facchinetti, che non ne esce male. Diego Abatantuono e Antonio Catania, caratteristi di razza, a malincuore raccolgono quel che offre la miserrima contemporaneità cinematografica del Belpaese; brava la giovane Simona Tabasco, già vista in un paio di serie sul piccolo schermo. Giovanni Bognetti, coautore finora di qualche copione di scarsa qualità (i film di Ruffini e poco altro), come regista è al debutto e in quanto tale scusabile (purchè non insista). Film riconosciuto di grande valore artistico dal Governo italiano e pertanto finanziato anche con le tasse dei cittadini. 2/10.
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