Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Guardare questo cortometraggio, opera d'esordio di Stanley Kubrick, significa scoprire, d'un tratto, il tema di fondo di tutta la sua cinematografia, ossia il modo (o, per meglio dire, i modi), in cui l'istinto primordiale si amalgama con la civiltà. Dalla mano rozzamente armata dell'ominide di 2001: Odissea nello spazio, fino all'elitario satirismo di Eyes Wide Shut, l'analisi procede impietosa attraverso tutti gli stadi della tumultuosa lotta/simbiosi tra la razionalità e la follia, tra una raffinata fantasia e una triviale barbarie, in cui la seconda – come in Arancia meccanica o in Shining - riesce sempre astutamente a servirsi della prima. L'uomo, in definitiva, si distingue, nel regno animale, perché è una belva organizzata ed attrezzata, in senso fisico e mentale: la scientificità della preparazione di un pugile per un incontro di boxe, insieme all'apparato economico e mediatico costruito intorno all'evento, ne fornisce una convincente dimostrazione. In questo senso, Day of the fight è un documento di saggistica romanzata, in cui il protagonista è poeticamente ritratto come un personaggio chiamato a svolgere un ruolo paradigmatico all'interno di una teoria antropologica. Le immagini del reportage sono selezionate, montate e commentate in modo da creare, intorno alla giornata di Walter Cartier, la storia di un essere in trasformazione, che da uomo normale e tranquillo diventa, col passare delle ore, una micidiale macchina da combattimento, capace di infiammare gli animi bellicosi e risvegliare, in una manciata di minuti, l'innata aggressività del pubblico.
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