Regia di Elio Petri vedi scheda film
Anche l'innocenza puo' apparire "colpevole",colpevole di cinismo,meschineria e bieco arrivismo.
"L'assassino" oltre all'allegoria d'un umanita' figlia del "boom" economico è l'esordio registico di Elio Petri.Personalita' multiforme e poliedrica,difficilmente assimilabile nella sola categoria dei "cineasti",da militante radicale e antiautoritario il 32enne Petri inscena qui una parabola umana con piu' chiavi di lettura.
Noir americano costruito sui binari del "presente passato",un sontuoso meccanismo a "flashback" che risponde alla vicenda umana di Alfredo Martelli (un ottimo Mastroianni) cinico e arrivista antiquario della provincia romana.Il Martelli è un giovane senza scrupoli,non esitante nel cieco egoismo,ma sopratutto rappresenta la modernita' del "nuovo italiano",arrampicatore sociale e truffaldino nella professione,quanto incongruente nel sentimentalismo che passa ovviamente dal meschino interesse personale.
Martelli ha una relazione con una donna matura,Adalgisa De Matteis (Micheline Presle) ricca possidente dalla quale l'antiquario si fa mantenere per poter pagare cambiali e debiti,Martelli è inoltre "fidanzato" con la giovane Nicoletta,figlia di un ricco industriale,una relazione basata su puri interessi.Un ritratto pietoso e desolante quello di Martelli,dove pero' il misterioso omicido dell'amante Adalgisa tradisce e rompe convenzioni borghesi,innescando nel Martelli un meccanismo riflessivo al sapore di Flashback.
L'antiquario si trova sbalzato in un "kafkiano" commissariato senza saperne i reali motivi,incalzato dal commissario Palumbo (un grande Salvo Randone),tipico e scafato "sbirro" anziano,diffidente nel cogliere al volo le controversie di un personaggio come Martelli.
Nonostante la giovane eta' (trattandosi di un esordio)Elio Petri mostra gia' qui un ampia maturita,' segmento e archetipo registico di quelle che saranno le sue future opere.
Sociologia,alienazione e nevrosi sono gia' presenti qui,seppur "contaminati" da una forte estetica "noir",molto americana nella composizione, innovativa nel montaggio a "flashback"che rompe la tradizione di continuita' offerta dal "neorealismo".
"L'assassino" rappresenta difatti nell'Italia di allora (1961) una rivoluzione cinematografica figlia del proprio tempo,di un "boom economico" che sovrasta e avanza,annullandone etica e sentimenti,alienando e spersonalizzando gli uomini per cui futili beni di consumo sono il "mezzo" per arrivare.
E' ovvio che la differenza la fa un eccellente cast dove Mastroianni e il grande Randone si contendono la scena,nell'impianto accusatorio si avverte difatti la mano registica aspra,dove piu' che le modalita' dell'assassinio Petri pone l'accento sulla vicenda umana dell'accusato,il suo passato mostra infatti fotogrammi di una vita basata su sfrenate ambizioni borghesi,sull'esigenza di "usare" la persone ad "uso e consumo".
Un modo di fare cinema intelligente,variegato nella struttura che offre la risonanza "noir" di tanto cinema americano senza tralasciare i famosi commissariati "polar" di Melville o Alain Delon.
Ma piu' che cercare omaggi e citazioni,Elio Petri "s'inventa" un modo personale d'intendere il film e il cinema,creando un montaggio "elitario" coadiuvato dall'impregnante fotografia in bianco e nero del maestro Carlo Di Palma.
Il resto lo fanno le magistrali interpretazioni di Randone e Mastroianni,circondati da un bel cast di comprimari tra i quali figura il borgataro romano Paolo Panelli,compagno di cella dello schizzinoso Martelli.
Quella cella umida e buia che diviene qui corollario di "riflessione",una sorta di "album" psicologico dove scorrono fotografie di una vita "sbagliata",condizionata dall'omologazione di un "humus sociale" che trasforma l'uomo.
Sono tematiche centrali molto forti,inquadrate dalla regia nei legami col giallo o il "thrilling" in stile sobrio,pacato ed elegante nell'immagine,ma forte e coinciso nel messaggio che vuole lanciare.
L'indagine sull'"ASSASSINO" si concludera' con l'innocenza di Martelli,ma nonostante cio' rimane in lui la "macchia" e i sensi di colpa da espiare per un legame con un mondo dove i veri assassini ribadiscono che "non esistono sentimenti " ma solo interessi.Martelli cerchera' di cambiar vita o almeno cosi' sembra,Petri restituisce cosi' nel finale la purezza d'animo dell'uomo che oggi ama realmente, pur rimanendo legato al "connubio" sociale di un mondo materialista e borghese.
La risata e il dialogo finale chiariscono tutto cio',l'italiano odierno è purtroppo assuefatto dal bieco consumismo e questo il grande Petri insieme ai Pasolini o i Rosi lo avevano capito gia'........"l'assassino" è in ognuno di noi........
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