Regia di Elio Petri vedi scheda film
L'opera prima di Elio Petri appartiene solo in superficie al genere giallo: pone al centro non tanto la scoperta del colpevole, ma piuttosto la disamina morale della meschinità del suo protagonista, La struttura a flashback ci permette di condurre un'indagine, parallela a quella sul delitto, nella sua vita da approfittatore. Voto: 7,666 su 10.
VOTO: 7,666 su 10
L'antiquario Alfredo Martelli (Marcello Mastroianni) si sta preparando a partire per un viaggio d'affari a Lucca quando una squadra di poliziotti piomba nel suo appartamento interrogandolo sui suoi movimenti della notte precedente. Condotto al commissariato, dopo una snervante attesa scopre dal commissario Palumbo (Salvo Randone) di essere il principale sospettato dell'omicidio della sua socia in affari ed amante Adalgisa (Micheline Presle). Mentre la fidanzata Nicoletta (Maria Cristian Gajoni), figlia di un ricco industriale farmaceutico, sembra scomparsa, Martelli viene condotto da Palumbo sul luogo del delitto, un albergo in costruzione sul litorale romano, per ricostruire la sua versione dei fatti e poi rinchiuso in cella, dove viene assillato da due ladruncoli (in uno riconosciamo il volto di Paolo Panelli).
L'assassino è l'opera prima di Elio Petri che manifesta una già una straordinaria sicurezza e personalità della visione autoriale. Appartenente solo in superficie al genere giallo, il film pone al centro non tanto la scoperta del colpevole, ma piuttosto la disamina morale della meschinità del suo protagonista, che non sarà un assassino, ma certamente non è una bella persona. Ogni volta che l'indagine si sofferma su uno snodo particolare degli eventi che hanno condotto alla ferale notte o che hanno segnato i rapporti dell'accusato con la vittima o con le altre persone coinvolte, un flashback ci mostra quello che è avvenuto nel recente passato dell'antiquario. Lo scopo di queste sequenze non è però tanto quello di fornirci elementi conclusivi sulla sua innocenza o colpevolezza, ma di rivelarcelo come persona: la struttura a flashback ci permette di condurre un'indagine parallela a quella del commissario Palumbo, quella nella vita da approfittatore di Alfredo, esempio indecoroso di cinico intrallazzatore. Scopriamo così che l'antiquario conduce il suo business facendo affari coi ricettatori e truffando i clienti, che si è sempre approfittato delle donne con cui ha rapporti dettati in maniera praticamente esclusiva dall'interesse economico (Adalgisa lo ha salvato dal fallimento associandolo al suo negozio, Nicoletta ha per lui valore solo in quanto erede di una cospicua fortuna), lo rivediamo viscido e sordido quando organizza un tranello per far spogliare una ingenua cameriera concupita da un suo sodale.
La sceneggiatura, che il regista firma con autori importanti come Tonino Guerra, Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, è tagliente nella sua messa alla berlina dell'arrivismo e della spregiudicatezza di una certa tipologia umana, rivelando finezza di introspezione psicologica sotto una superficie di aderenza agli stilemi del genere giallo. C'è magari un calo di tensione nella seconda parte, ma non è tale da compromettere la tenuta complessiva dell'opera. In anticipo sui tempi il commento sul ruolo della stampa e dei media, che si avventano famelici sui casi di cronaca nera, creando mostri e trasformando gli accusati dei delitti in personaggi celebri (spassose le interviste a chi ha conosciuto l'accusato).
La composizione inquadrature è sempre originale, così come il blocking , con la posizione e i movimenti degli attori nell'inquadratura che appaiono risultato di uno studio attento e meticoloso, con un certo gusto nel ricorso al riflesso in specchi e superfici riflettenti. La cura e raffinatezza della fotografia raggiungono un livello che tradisce la mano del grande Carlo di Palma.
C'è una scena veramente notevole verso il quarantacinquesimo minuto in cui Petri fa convivere passato e presente in un'unica inquadratura, perché il flashback su quanto avvenuto nella medesima stanza dell'albergo la sera precedente condivide lo stesso piano sequenza, senza tagli di montaggio, con la conversazione - interrogatorio del giorno dopo.
Il film si avvantaggia poi di una bella interpretazione di Marcello Mastroianni, che lavora di fino facendo trapelare poco a poco il vero volto disumano di Alfredo Martelli sotto una superficie di ipocrita rispettabilità, fino all'inquietante ghigno finale in cui rivendica la notorietà acquisita dall'accusa di omicidio, trasformandola in una sorta di “lei non sa chi sono io”(ma quanto lavorava Marcello negli anni 60?! lo si trova praticamente ovunque nella cinematografia italiana di quel decennio! e sempre a livelli eccelsi....)
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