Regia di Gino Mangini vedi scheda film
Enrico ha 10 anni e vive in Lombardia quando viene improvvisamente spedito dalla zia, in un paesino laziale. Fra mille difficoltà riesce ad ambientarsi, facendosi amici un gruppo di coetanei e il simpatico barbone Rufo. Enrico ignora il triste motivo del suo drastico cambio di vita e di famiglia.
Questa risulta essere la sesta e ultima regia di Gino Mangini, mestierante di scarsa fortuna che ha attraversato gli anni Sessanta con qualche action/cappa e spada di bassa fascia e ha prodotto anche uno spaghetti western all’inizio del decennio successivo, realizzando infine con Abbasso tutti, viva noi il suo vero e proprio canto del cigno. La pellicola si situa in una zona d’ombra a cavallo fra lacrima movie – quei film che, esattamente in quel periodo, raccontavano storie strazianti di gente sfortunata o gravemente malata, soprattutto bambini, comunque invariabilmente persone destinate a non farcela – e commedia sessantottina, con spunti rodariani (finto-ingenui, infantilistici) nel segno di una scoperta satira sul mondo degli adulti; non mancano ovviamente i regionalismi esasperati che tanta parte ebbero nella diffusione del cinema di genere di quegli anni: il dialetto principale è qui il romanesco, ma ci sono anche personaggi che parlano in vernacolo napoletano ed emiliano. In linea di massima la sintesi fra tragedia e comicità è piuttosto azzardata: e questo è il primo motivo per cui il film proprio non funziona; troppo seriosi e bui certi momenti, troppo smaccatamente ridanciani altri, come già testimonia la canzoncina-tema eponimo del film che compare sui titoli (e non solo). Secondariamente la pellicola non raggiunge i suoi obiettivi anche per la sua fattura molto modesta, colpa più del budget ristretto che dei mezzi artistici a disposizione, anche se il reparto degli attori non vede comparire in scena nomi di assoluta rilevanza. Nel cast: Pier Paolo Capponi, Remo Capitani, Angela Goodwin, Mara Venier, Franco Giacobini e Nerina Montagnani. 3,5/10.
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