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Assassini nati

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su Assassini nati

di scandoniano
6 stelle

A chi non l’ha mai visto, si racconta di “Natural Born Killers – Assassini nati” come di un film straordinariamente bello. Fatto sta invece che, forse per le eccessive aspettative, forse per quell’aura mitologica che l’avvolge, questo film, descritto come fenomenale, poco o niente ha del “cult movie”.
La storia narra di Mickey (Woody Harrelson) e Mallory (Juliette Lewis), coppia di svitati serial killer che si aggirano per l’America ad ammazzare senza costrutto (se mai se ne potesse ipotizzare uno). Il film (scritto da Quentin Tarantino) parte dalla presentazione di Mickey e Mallory Knox, una presentazione girata (da Oliver Stone) alla perfezione per descrivere le peculiarità dei due protagonisti, nonché l’ambiente in cui questi ultimi bazzicano. Con una costruzione temporale “tarantiniana”, il film passa a descrivere le varie fasi della vita dei due: dall’innamoramento, fino all’onirica conclusione delle vicende.
Il soggetto è particolarmente bello, se non fosse che, col proseguire della propria carriera, Tarantino non sia riuscito ad innovare il proprio modo di scrittura, rimanendo impigliato in una rete di cliché (a lungo andare) decisamente noiosa. La regia di Stone (oggi vista alla luce dei film di Tarantino, in particolare dei due volumi di “Kill Bill”) ha una funzionalità atipica. Il regista americano utilizza, come modalità di rappresentazione della parte più concitata del film (il lungo epilogo in carcere), una mistura poco ragionata di formati di pellicola: si passa in pochi secondi dallo sgranato finto-documentaristico, alla ripresa pulita, quasi sgargiante, passando per una fotografia con luci verdognole, fino a frame di cartoon (che, idealmente, rappresentano il tumulto interiore, ancor più parossistica della storia in sé, dei protagonisti). Il tutto in un’ambientazione ed una caratterizzazione dei personaggi che definire “iperrealistica” è puro eufemismo. Eppure, chiudendo sul rapporto Tarantino – Stone, occorre dire che la polemica alimentata dal soggettista in relazione alla scarsa aderenza della sceneggiatura alla storia, avrà una soluzione silente ed inequivocabilmente a favore di Stone quando Tarantino, diversi anni più tardi, imiterà (ma va!) lo stile di montaggio di NBK nei due capitoli di “Kill Bill”.
Il film appare, tutto sommato, ricco di trovate. Quella decisamente migliore è la rappresentazione dell’infanzia infelice di Mallory attraverso una sit-com: situazione estremamente spiazzante per l’estrema antiteticità della dicotomia fiction – realtà. Anche l’interpretazione degli attori non protagonisti è di ottimo livello: Tom Sizemore, che interpreta la maschera tarantiniana Jack Scagnetti, è un poliziotto truce e spietato al punto giusto; il direttore del carcere, interpretato da uno schizzatissimo Tommy Lee Jones, è un personaggio clamorosamente azzeccato: dal taglio di capelli fino al suo modo di gesticolare, il personaggio di McClusky attira l’attenzione su di sè per la gergalità colorita del 99% delle sue frasi; infine, capitolo a parte per Wayne Gale (un Robert Downey jr. mai più su questi livelli). Il personaggio del reporter spietato (figura tutt’altro che originale nella storia della settima arte) è tuttavia il perno ideale attorno a cui si muove la vicenda. Il film, per Oliver Stone, è un’occasione per fare della satira di costume: un attacco terroristico, diretto e premeditato, al sistema dei media americano. Un sistema corrotto, voyeristico e moralista allo stesso tempo, che incarna nella figura dello spietato Gale tutto il suo cinismo. La morale del film, ostentata più che suggerita, sta nel contrapporre una coppia di serial killer, con degli ideali forti e dei precisi desideri futuri, ad un giornalista particolarmente cinico e privo di scrupoli: la risultante del contrasto di queste due figure propone una violenza fisica meno meschina rispetto a quella moralmente scorretta perpetrata attraverso una telecamera ed un microfono. Stone però, come anticipato, ostenta il suo messaggio, finendo per ridicolizzarlo nel confronto a due finale tra Michey e Wayne.
Dunque: bella storia, discreta sceneggiatura, ottime interpretazioni, iperrealismo eccessivo, morale ostentata fino alla banalizzazione: nel bene o nel male, un film potente, da vedere assolutamente.

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