Regia di Pietro Germi vedi scheda film
La tesi sostenuta da Pietro Germi in questo film è, nel contempo, sociologica e cinematografica, e riguarda l’impossibilità di girare un noir ambientato nella realtà italiana. La cronaca nostrana è fatta di piccole storie di gente comune, i cui echi si disperdono tra il clamore del tifo allo stadio ed il vocio dei casermoni popolari. In un paese in cui i poliziotti sono impiegati statali ligi alla prassi ed anche i delinquenti tengono famiglia, il crimine rientra nell’ordinarietà della famigerata arte di arrangiarsi, e non ha modo di assurgere a saga. I bassifondi, del resto, sono modestissimi alloggi coi muri scrostati, in cui uomini, donne e bambini si ammassano senza un minimo di intimità: mentre la leggenda, si sa, ha bisogno della solitudine, che l’eroe abbraccia come scelta di libertà. E se è pur vero che anche la disperazione, talvolta, è piena di poesia, non altrettanto si può dire della necessità materiale, che riflette lo squallore degli oggetti a cui si riferisce, a cominciare dal vile denaro. Dietro alla rapina a mano armata alla sala corse dello stadio non si nascondono mitici sogni di ricchezza, né esistenze dannate, ma solo le semplici speranze di chi cerca di sfuggire alla miseria: un colpo improvvisato, messo malamente a segno da un quartetto di poveri diavoli (un pittore di strada, un ex-calciatore invalido, un padre di famiglia senza lavoro, un ragazzo che non vuole più pesare sui genitori) che, a posteriori, sembra voler rimandare, per contrasto, e con beffarda amarezza, al piano geniale e mirabilmente perfetto di The Killling. Quella descritta in questo film è, invece, un’azione eseguita, con mano tremante, da vittime innocenti cadute in errore, e per le quali il bottino incassato risulta del tutto irrilevante rispetto all’enorme dose di mortale paura da cui, subito dopo, si sentono aggrediti. Non sono loro, i “ricercati”, il pericolo da cui la città deve difendersi: piuttosto, è vero il contrario, dato che, a torto o a ragione, si sentono ovunque braccati, tanto da arrivare a compiere gesti eccessivi ed inconsulti. Dall’inizio alla fine, è la sconsideratezza a farli agire: così quelli che, agli occhi della società, sono perduti, in realtà sono soltanto persi. L’indigenza non è la via del male: se induce a commettere reati, è solo perché predispone all’insicurezza e allo sbandamento un individuo che, dentro, nonostante tutto, continua ad essere sano. Avendo a cuore questo principio, Pietro Germi mette a fuoco l’innocua normalità dei suoi personaggi, immergendoli in un ambiente dai morbidi connotati umani; e così, anche quel timido cenno di neorealismo si stempera in un sentimentalismo che è, di per sé, una forma letteraria di indulgenza.
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