Regia di Pietro Germi vedi scheda film
Il film di Germi fu molto criticato all'epoca della sua uscita, ma, a distanza di cinquantasette anni, si ha ragione di sospettare che la critica fosse prevenuta per ragioni ideologiche. In epoca di trionfante neorealismo, qualsiasi approdo al cinema di genere era considerato una deviazione dall'ortodossia e pertanto un errore da correggere. Per di più, Germi era considerato una specie di apostata, poiché all'inizio della sua carriera era stato classificato tra gli epigoni del neorealismo. In realtà, rivisto oggi, "La città si difende" è uno dei pochi film italiani degni di entrare in un'ideale antologia mondiale del cinema noir, erede in questo di modelli americani, quali "La città nuda" (1948) di Dassin e "Giungla d'asfalto" (1950) di Huston (ed anticipatore di un altro capolavoro come "Rapina a mano armata" di Kubrick, del 1956). Se, inoltre, il montaggio serrato rimanda al cinema americano, alcune inquadrature della città sembrano richiamarsi al cinema espressionista, così come la morte del professore sembra una derivazione di "M - Il mostro di Düsseldorf" (1931) di Fritz Lang.
La vera critica che si può muovere al quinto film di Germi è, invece, relativa alla creazione dell'intreccio narrativo: il quartetto dei rapinatori sembra quanto mai eterogeneo e, benché sul punto gli sceneggiatori (tra i quali il giovane Fellini) glissino, ci si domanda dove possano essersi conosciuti il padre di famiglia disoccupato, l'ex campione del calcio, il pischello di modesta ma onesta famiglia e il pittore spiantato. (15 aprile 2008)
Una banda di rapinatori spiantati compie un colpo alla biglietteria dello Stadio di Roma durante una partita. Stranamente la rapina riesce, anche se uno dei cassieri riesce ad avvisare la polizia. Per i rapinatori inizia, così, una fuga disperata. Uno dopo l'altro compieranno mosse sbagliate che li butteranno in pasto alla polizia.
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