Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Versione dell'opera di Defoe ben girata, che scorre veloce e compatta, ma sorprendentemente convenzionale per Buñuel che, a parte qualche zampata onirica e polemica, si mantiene all'interno dei canoni del film d'avventura anni 50.
Versione del Robinson Crusoe di Defoe sorprendentemente canonica e tradizionale per Luis Buñuel, che, allontanandosi sia dal surrealismo di cui è stato indiscusso maestro che dal realismo crudo di altre sue opere del periodo messicano, confeziona una pellicola tutto sommato all'interno dei canoni della filmografia di avventura degli anni 50.
Uniche zampate di anticonformismo sono la surrealista sequenza onirica in cui Robinson rivede il padre in sogno e le frecciate alla Chiesa, con il dialogo con l'”ingenuo” Venerdì sul peccato ed il libero arbitrio. Bello anche il finale con Robinson che, mentre abbandona l'isola, sente l'abbaiare del fido cane Rex, sepolto anni prima.
Per il resto un film ben girato, che scorre veloce e compatto, ma che non dimentica di dare la giusta attenzione al travaglio interiore e psicologico del protagonista oltre che alle difficoltà pratiche della vita solitaria su un'isola deserta. Tuttavia, proprio per la convenzionalità, risulta paradossalmente uno “oggetto "alieno” rispetto al resto dell'opera di Buñuel.
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