Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
"Noi non siamo cristiani,essi dicono,Cristo si è fermato a Eboli .
Cristiano nel loro linguaggio vuol dire uomo:è la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere,nelle loro bocche non è forse nulla piu' che l'espressione di uno sconsolato complesso d'inferiorita'.Noi non siamo cristiani,non siamo considerati uomini,ma bestie,bestie da soma,e ancora meno che la bestia i fruschi i frusculicchi,che vivono la loro vita diabolica o angelica,perche' noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani ,che sono di la dall'orizzonte e sopportare il peso e il confronto....."CARLO LEVI.
Il significato del film è in questo pensiero che da il titolo all'omonimo libro.Il pittore e medico torinese,trascorse un anno confinato dal regime fascista a Gagliano (oggi Aliano),paesino brullo,arroccato sui monti argillosi della Lucania.Un esperienza significativa sul piano umano,un mondo distante rispetto ad un uomo del nord:piemontese,di una regione conquistatrice,catapultato dal caso in un microcosmo arcaico,l'antipodo del mondo razionale e acculturato di Levi.In questi casi l'alienazione è dietro l'angolo,non per Levi,l'iniziale stranimento diventera' un rapporto sodale per una terra povera nelle millenarie disgrazie,pregna di sentimenti arcaici,in animi di umili contadini amati dal pittore per il loro ignaro candore.
Alla sua morte Levi fu seppellito nelle terre impregnate di fatica e sudore agricolo.Un epopea umana densa di simboli e "magia",cha scorre lenta ma passionale nel film di Rosi e nel grande Volontè.La pellicola nacque inizialmente come prodotto televisivo,poi tagliato e riadattato per il cinema.Rosi a proposito dichiaro':"Ho proiettato il film a Chicago,a fine proiezione tutti piangevano commossi...",perchè le lacrime? Chicago è composta maggiormente da immigrati polacchi,irlandesi e italiani,l'animo "migratorio" è chiuso nel legame con la sua terra,un cordone ombelicale mai distaccato.Rosi immette nel film un aura nostalgica e affettiva,un reale amore per una terra di cui sei corpo unico:nella fame,nella malattia,nei gesti...la terra è per il contadino una "seconda moglie".Volontè è qui un ambasciatore di un mondo dimenticato all'interno di un altro mondo,in cui non vige la razionalita',ma è tutto stilato nei riti propiziatori,nelle fattuchiere,nel sudore.Elementi descritti dall'antropologo De Martino nel libro "Sud e magia",dove viene innalzata la vita contadina divenendo cultura."Cristo si è fermato a Eboli" diventa cosi' un viaggio nella "sub-cultura" a cui Rosi dona un intensita' emotiva straordinaria,impressa su volti scarni e arsi dal sole,un umanita' viva e pulsante nell'animo ma disgraziata nella sua "carne".Il contadino lucano ha nel Dna una rassegnazione millenaria derivante dall'essere usurpato e "conquistato" nel diritto umano e civile,nel 1935 c'era il fascismo,l'assurda retorica "nera" è per Rosi un potere insinuato in coscienze ignoranti.
Un dogma retorico,fasullo incarnato dal goffo podesta' Bonacelli.Dall'altra parte vi è la coscienza di Volontè-Levi,schierato tra gli ultimi,i dimenticati da Dio,resi pero' eterni nei suoi splendidi quadri,trasudanti fervore mistico e umilta'.Levi diventa per i contadini,un "eroe borghese" che per la prima volta si accorge di loro,della loro sommersione verso la vita,affrontata con umilta' e remissione.Un "Amarcord" della civilta' contadina,che vive di molte analogie col capolavoro felliniano,in primis nello sceneggiatore Tonino Guerra,presente anche qui con la sua grande scrittura evincente nella forma ottima del racconto.Il poetismo del riminese non c'è qui,dove vive il ricordo di una civilta' che non c'è piu',legata a doppio filo all'ambiente retrogrado e filofascista,figlio della "questione meridionale".
Un Italia disillusa e dimenticata che Rosi e Volontè rendono un quadro luminoso nell'arcaismo e nella dignita'.La fotografia di De Santis è lucente come a voler illuminare un affresco statico nella rassegnazione,ma ricco di simboli "culturali" impressi nei contadini,nelle maghe,nei "monachicci",bambini morti prima del battesimo,spiritelli dispettosi aleggianti in aloni putrscenti di case,uomini e bestie,formanti il corpo unico dell'humus contadino.Il ritratto di un terzo mondo che è parte di noi dipinto magistralmente da Rosi regalando a noi,un film nostalgico,malinconico e "luminoso".Un amore che da lucano nutro per una storia (e una terra) che porta alla luce una "cultura" marginale,parte integrnate dei miei antenati,abitanti di un mondo sconosciuto a Dio "Una terra di nessuno".......
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