Regia di Michael Cimino vedi scheda film
Il Rosso/George Kennedy;:"Ma hai visto tutto cosa, davvero tutto, cioè?(eccitato e imbarazzato, chiedendo della donna nuda alla porta finestra)". Caribù/Jeff Bridges:- "Tutto. Tutto certo, cioè? Nero su bianco".
Difficile riuscire a fare un sunto per una recensione di poche centinaia di battute, per un simile capolavoro, certo uno dei maggiori film americani degli anni settanta, esordio da Steinbeck del cinema di Michael Cimino da regista, dopo già alcune ottime sceneggiature per altri(e proprio per Eastwood l'anno precedente, nel maestoso "Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan", di Ted Post) Comincerei dal precisare che è uno dei film generazionali al maschile( gli anni che passano, i quaranta anni e i venti), tra i più convincenti e pieni di amarezza ma anche di spontanea, innata vitalità nella gioventù(in tal senso la grandiosa sequenza così costruita, che in poche immagini dice quanto un libro, dell'arrivo dell'"Artigliere" e Caribù alla "nuova scuola", tra i ragazzini felici e urlanti, a corsa uscire dal caseggiato scolastico, ma anche quelle da "gelatai" con il ragazzino del quartiere), del personaggio di Caribù/Jeff Bridges. Migliori dicevo, mai visti al cinema per qualità di scrittura, dialoghi resi da una edizione italiana di grande livello, interpretazioni di tutti(uno degli Eastwood più sfaccettati, eclettici e meno "granitici" di sempre) personaggi e annotazioni, fotografia, tutto di uja grande qualità. E sotto il genere parla praticamente di tutto, dai lavori umilianti a ogni età di chi non ha un titolo o dei precedenti penali, ai complessi sessuali resi magistralmente nel personaggio del "Rosso", interpretato da un grande George Kennedy, che riesce a dosare in maniera impeccabile simpatia e ripugnanza al contempo. Oltre ad un parterre di caratteristi(Geoffrey Lewis pure eccezionale) anche brevissimamente apparsi nel film, come Bill McKinley o Catherine Bach, Jack Dodson, Burton Gilliam, Roy Jenson, Vic Tayback, Dub Taylor, Gregory Walcott, insuperabile.
Finale tra i più simbolici e caratterizzanti del nuovo cinema hollywoodiano allora in auge e nella sua migliore stagione. Con dietro l'angolo e a bordo di una Cadillac "convertibile bianca"(El Dorado) appena comperata e "in contanti", la tragedia immancabile della grande epoca dei "Road Movies", di cui questo è uno dei titoli d'oro. Importante come sempre nel cinema di Cimino l'elemento rappresentato dalle ariose e panoramiche aperture paesaggistiche- bellissime- del Montana d'estate fotografato dai uno dei maggiori maestri della DDF, Vilmos Zsigmond, e dalla colonna sonora e canzone finale di Paul Williams.
Di grande fattura anche la sequenza d'azione finale nella cittadina, dopo il colpo andato a male per via di una cassiera del cinema all'aperto, e il "Rosso" che dimostra tutta la sua follia. Inseguimento teso, violento e disperato, e gli incidenti carambolici con le auto e moto della polizia, opera dei maestri di stunt driver Carey Loftin e Buddy Joe Hooker.
La famosa sequenza dei cani dobermann da guardia nel supermercato di notte, forse ispirata da "La Pattuglia dei Dobermann al servizio della legge" di Frank De Felitta, altro sceneggiatore-regista, dell'anno prima.
Non molto geniale per uno come l"Artigliere", l'idea del drive-in per garantirsi un anonimato certo nella moltitudine delle macchine, dopo la replica del grande colpo di dieci anni prima, "Il Tesoro del Montana" .
John Nada
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