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La morte cavalca a Rio Bravo

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su La morte cavalca a Rio Bravo

di callme Snake
8 stelle

Nell'esordio alla regia cinematografica di Sam Peckinpah l'elemento umano è (già) il tema dominante. Elemento umano che si scontra con la storia, il caso, la meschinità. Brian Keith interpreta un reduce di guerra in cerca di vendetta: a causa di un vecchio disertore sudista gli indiani gli hanno fatto lo scalpo (è questo il motivo per cui non si toglie mai il cappello). Yellowleg, questo il nome del protagonista, incontra il vecchio ed un altro pistolero, fingendosi interessato a partecipare ad una rapina con loro. Il caso vuole che ci rimetta la pelle un bambino, figlio di una cantante di saloon (Maureen O'Hara), per mano sua. A questo punto la vendetta passa in secondo piano e l'uomo si offre di accompagnare la cantante a seppellire il bambino accanto al padre, attraversando il territorio degli indiani. Le ostilità tra i due (accentuate dalla presenza minacciosa dei rapinatori e degli indiani) lasciano lentamente il posto alla consapevolezza della loro similarità, del loro essere reietti e indesiderati. Ma appena seppellito il ragazzo, la vendetta torna ad ossessionare Yellowleg...La Malinconia è l'umore che domina una pellicola debitrice nei confronti di Boetticher e Mann: eppure, nel rendere il film un lungo corteo funebre (si noti il titolo originale: Deadly Companions) in cui morte e vita si scambiano di ruolo all'improvviso, sembra già di assistere a quel grande cinema che sboccierà giusto l'anno seguente, con Sfida Nell'Alta Sierra, capolavoro già maturo e compiuto. Anche qui abbiamo un pistolero che spara nella sua immagine riflessa allo specchio (chiara metafora di un tempo che scompare), anche qui un uomo d'altri tempi che segue solo il suo codice morale, giusto o sbagliato che sia. Non ci sono eroi come protagonisti, ma solo ultimi, reietti, vecchi disertori, banditi. Allo stesso Yellowleg sfugge di mano la  pistola in una sequenza che ricorda da vicino quella in cui William Holden cade da cavallo nel Mucchio Selvaggio. Peckinpah rinnegava questo suo esordio, forse per le manomissioni del produttore in fase di montaggio, forse per la colonna sonora poco "accordata" con le immagini, spesso cariche di solitudine ed elegiache: al dì là di questo Deadly Companions inserisce una dose di realismo ancora inedita nel western e si dimostra qualcosa in più che una semplice "prova generale" per Ride The High Country. Purtroppo è molto difficile da reperire (io ho dovuto ordinare una edizione dvd scandinava con audio originale ma senza sottotitoli italiani o inglesi).

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