Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Centosessanta (quasi) minuti di pseudodocumentario sui pescatori siciliani, peraltro completamente recitati nell'unica lingua per loro comprensibile: il dialetto siculo strettissimo. Che sia uno spaccato della società italiana dell'immediato dopoguerra, che sia un manifesto per il cinema neorealista, che si rifaccia ai Malavoglia del Verga, che sia un'indagine sociale dalla parte degli strati più poveri ed indifesi, definitelo come volete, rimane sempre inaffrontabile. Crudissimo, estremo nella scelta degli attori (tutti realmente presi dalla strada, o meglio dalle barche), dei dialoghi, delle scene, non fa nulla per andare incontro al pubblico, tranne accennare qualche breve commento in italiano con la voce del narratore fuori campo. Il soggetto è angosciante, la messa in scena gli si confà, volutamente.
I pescatori di Acitrezza, in Sicilia, sono poveri e ignoranti, nonchè parecchio sfruttati dal mercato del pesce in quanto ultima ruota, bisognosa e disorganizzata. Un gruppetto di loro prova a mettersi in proprio, ma scopre che è una realtà durissima.
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