Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Ispirato liberamente ai Malavoglia di Verga, il secondo film di Visconti è uno dei vertici del Neorealismo di cui porta alle estreme conseguenze l'assillo veristico (uso di attori non professionisti che recitano in dialetto catanese, riprese tutte effettuate sui luoghi dell'azione) senza rinunciare a una composizione dell'immagine molto studiata, a tratti memore della pittura impressionista, ma mai freddamente formalistica. Una parte della critica ha evidenziato queste contraddizioni all'interno del film, ma, a mio parere, esse non danneggiano l'opera, poichè hanno stimolato il talento del regista e si sono rivelate feconde. Spesso le immagini sono percorse da un soffio epico-lirico degno delle grandi opere dei sovietici del muto o di un Flaherty, e che conferisce loro una potenza inestimabile, ancor più accresciuta dallo scabro realismo che trasuda dai volti degli attori, dai paesaggi, dalla verità delle situazioni e dei personaggi. Peccato soltanto per l'inserimento di un commento parlato che risulta un pò ridondante e ideologico nel sottolineare i significati politici della vicenda, accrescendo un certo schematismo con cui sono rappresentati i grossisti di pesce, i veri sfruttatori dei pescatori, che Visconti avrebbe forse potuto ritrarre in maniera più sfumata. Invece, non sono d'accordo con chi rimprovera a Visconti una confusione stilistica fra il naturalismo veristico dell'ambientazione e una certa stilizzazione melodrammatica nel comportamento dei personaggi: secondo me è tutto molto realistico e credibile, compresa la rivolta di Ntoni, e se talvolta vi è qualche sottolineatura, anche musicale, che può far pensare al mondo dell'opera lirica, è perchè esso era comunque molto affine alla concezione dello spettacolo di Visconti. Centosessanta minuti di grande cinema, uno dei film neorealisti più puri, rigorosi, intransigenti, una straordinaria galleria di immagini riprese nel paese di Aci Trezza con il contributo determinante della popolazione locale, un gusto romanzesco che recupera il meglio della lezione verghiana applicata alla difficile congiuntura del dopoguerra, un'opera viva e palpitante, schierata risolutamente con i più deboli, un trattato antropologico ancora efficace e per molti versi acuto, insomma un film che non può non ricevere l'appellativo di capolavoro.
Voto 10/10
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