Regia di Irene Dionisio vedi scheda film
Secondo la tradizione cattolica, tra le sette opere di misericordia corporale rientra il seppellire i defunti. Questa è l’azione che accomuna i due protagonisti del documentario, divisi da un braccio di mare ormai diventato cimitero di disperazione. Non c’è giorno che sia privo di morti, fra coloro che tentano in misere condizioni tragici viaggi della speranza per un futuro migliore. Per pochi che riescono a sbarcare sulla terraferma, moltissimi sono quelli che non ce la fanno: di essi si occupano due uomini giusti, animati solo dallo spirito di carità nel dare dignitosa sepoltura alle vittime di quotidiane sciagure marittime.
Sulle rive opposte del travagliato pelago stanno questi due custodi, l’uno a Lampedusa, l’altro in Tunisia. Pur non conoscendosi di persona – comunicano solo attraverso messaggi postali (come fossero vecchi amici di penna) – compiono entrambi la scelta di occuparsi del seppellimento di questi morti senza nome, spinti da un senso di fratellanza universale ma venendo malvisti dal resto della loro comunità (ovviamente per motivi religiosi).
Lo sguardo della regista, specchiatosi nell’acqua di mare, si monda da ogni possibile residuo morboso sul dramma dei migranti e scansa sia il rischio di spettacolarizzazione della tragedia che la tentazione di fare pornografia del dolore, soffermandosi invece sulle scene di vita isolana (i momenti di preghiera, l’arringa di un esponente populista, l’ozioso benessere di alcuni vacanzieri).
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