Regia di Claude Sautet vedi scheda film
Uno dei film più famosi in Italia, ma senz'altro anche fra i più belli del raffinato ed intimista Claude Sautet, di cui anni fa vidi anche "César et Rosalie" con Yves Montand e Romy Schneider. Sautet rimane fedele al suo cinema di sentimenti, psicologico ed introspettivo e caratterizzato da dialoghi floridi un po' alla maniera di Rohmer, anche se la cura dell'immagine è notevole e la scrittura registica sempre elegante. Ispirandosi pare alla lontana ad un racconto dello scrittore russo Lermontov, "Un cuore in inverno" è la descrizione accurata di un triangolo sentimentale dove la violinista Camille, affascinante ed inquieta, pur essendo fidanzata con il brillante Maxime, viene attratta dal suo socio in affari, il liutaio Stephane, un uomo dal carattere introverso e spigoloso a cui appartiene il cuore in inverno del titolo. Il film si avvale di una sceneggiatura molto precisa nella definizione dei personaggi e nell'evoluzione del plot, ma il segreto della sua singolare riuscita sta nella descrizione straziante della passione di Camille per Stephane e nel finissimo ricamo psicologico sulle motivazioni di quest'ultimo, con il culmine nella scena al ristorante di Camille che si umilia per lui davanti a tutti, una delle più intense e sconvolgenti del cinema anni Novanta. Sautet è infallibile nella direzione degli attori, con la coppia (allora anche nella vita) Beart/Auteuil che fa scintille e buca letteralmente lo schermo: sostenere, come fa Mereghetti, che "la Beart si limita a suonare Ravel con espressioni altamente tragiche" è in questo caso del tutto fuorviante, perché l'attrice fornisce una caratterizzazione completa e credibile, non inferiore al suo partner che è ugualmente al massimo del suo talento. Oltre al discorso sulla crisi dei sentimenti, il film accenna anche a tematiche difficili come l'eutanasia nel sub-plot del maestro di violino interpretato da Maurice Garrel, padre del regista Philippe, e lo fa in una maniera adulta e senza cedere ad inutili ricatti lacrimosi. Un film nel suo complesso eccellente, che all'epoca vinse il Cesar per la migliore regia e per André Dussollier miglior attore non protagonista, oltre ad un Leone d'argento a Venezia, che sarebbe opportuno riproporre più spesso agli spettatori odierni.
voto 9/10
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