Regia di Claude Sautet vedi scheda film
Negarsi al sentimento è una scelta esistenziale, un atteggiamento di autodifesa oppure, semplicemente, l'espressione della propria natura a cui, per una menomazione innata, è precluso il trasporto dell'amore, il calore dell'amicizia? Quest'opera non pretende di dare una risposta, perché vuole anzitutto rappresentare l'umiliante sofferenza che questo anomalo "gelo dell'anima" semina nel protagonista Stéphane e in coloro che lo circondano. Il racconto procede lento, secondo i tempi dell'amore tacito e nascosto, che indugia troppo, fino a non credere più in se stesso, a rifiutarsi e a spegnersi. Un film che può risultare incomprensibile a chi non conosce questa rara malattia interiore, che è incurabile, perché priva, chi ne è affetto, del desiderio di guarire. Un film che va "guardato", soprattutto, perché è nei volti dei personaggi che è scritta la storia, fatta di pensieri che, per l'occhio attento e sensibile, è superfluo tradurre in parole. D'altronde, è da spettatore che il protagonista si pone nei confronti del mondo, chiuso com'è nella sua torre di silenzio, da cui assiste, da lontano, alla vita e alle emozioni altrui. Un film che mette i brividi e arriva a toccare il cuore più di qualsiasi romanza passionale. Eppure non lascia spazio al pianto: il suo vento gelido ed asciutto secca, infatti, in partenza, ogni lacrima di commozione.
Una bellezza naturale che la sofferenza accende e ravviva.
Un'interpretazione intensa e profonda, che toglie il fiato.
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