TFF 37 - SI PUO' FARE
Di case dalla inquietante personalità ne è colmo il cinema dai suoi albori. Hill House de Gli invasati, è tuttavia una delle più sottilmente inquietanti tra queste per l'impalpabile devasto interiore che essa finisce per causare a chi - coraggiosamente o avventatamente - sceglie di insediarvisi, dopo le sconcertanti vicissitudini occorse ai suoi originari proprietari già nel momento di accerdervi, a costruzione appena ultimata.
Morte le due mogli del proprietario, invecchiatavi come entro una bara la figlia di quest'ultimo, impiccata la governante che ereditò l'immobile, la casa finisce ai parenti di quest'ultima che la lasciano in abbandono. Almeno fino a che un intraprendente antropologo (Richard Johnson) decide di scegliere la eccentrica e sinistra magione, come dimora temporanea ove compiere alcuni studi ed esperimenti in materia di effetti paranormali, approfittando del fatto che la casa ormai è nota all'opinione pubblica come un luogo infestato di presenze maligne.
Per questo suo studio, l'uomo si circonderà di alcuni elementi che si sono dimostrati piuttosto ricettivi in materia di ipersensività.
Di fatto si presentano all'appello solo due donne, estremamente particolari, assai differenti una dall'altra (tanto eccentrica e sofisticata l'una, quanto dimessa, complessata da una complessa situazione familiare l'altra), ognuna afflitta dalle proprie complicate ed irrisolte nevrosi. Ad esse si unisce il giovane sfaccendato (lo interpreta l'attore statunitense Russ Tamblyn) che risulta come erede designato di quel particolare, imponente immobile, la cui fosca reputazione lo classifica come cespite di non facile dismissione, ma che l'ingenuo ragazzo è intenzionato a mettere comunque a reddito, trovando il modo più fantasioso di lucrarci quanto più possibile.
Una serie di fatti sconcertanti finiranno per travolgere la vita in villa di quella particolare squadra, che se da una parte troverà risposte alle eccentriche ricerche dello studioso, dall'altro non faranno che compromettere il già precario equilibrio psichico delle due donne.
Liberamente tratto dal romanzo di Shirley Jackson "L'incubo di Hill Rose", il film dell'ecclettico cineasta Robert Wise (Ultimatum alla terra, Lassù qualcuno mi ama, West Side story, Tutti insieme appassionatamente, Star Trek, solo per citare i più noti)rifugge ogni effetto speciale per privilegiare la suspence legata all'ambiguità esercitata sui protagonisti da quel luogo fosco e tenebroso, giocando sull'effetto sorpresa che avvolge lo spettatore, sempre nel dubbio di trovarsi in una dimensione reale o nel sogno deviato della protagonista principale.
Nel cast primeggiano due attrici di gran classe, la frustrata e dimessa Julie Harris nel ruolo di Nora, vera protagonista e risolutrice della vicenda, e Claire Bloom, che interpreta la sofisticata e sciroccata Theo: tra le donne pare nascere un'amicizia che pare trasformarsi in una vera e propria attrazione fisica, circostanza piuttosto singolare e coraggiosa per un film di inizia anni '60.
La tensione abbonda senza il ricorso a particolari scene cruente, grazie ad uno studio approfondito dell'attesa e ad un utilizzo di musiche e scenografie perfettamente funzionali all'accumulo di una efficace tensione emotiva.
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