Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Questo è il Ferreri dei tempi migliori. Quello capace di costruirti, attorno ad uno spunto esile esile, una profonda riflessione su temi alti e complessi, per mezzo di una sequela di invenzioni registiche e figurative difficilmente replicabili da molti autori dei nostri giorni. Servito da due interpreti a dir poco affiatati (a cui aggiungerei l'eccellente cameo di Piccoli), Ferreri riflette sul rapporto uomo/donna, in chiave misogina ma non ancora femminista, sul ruolo dell'artista/intellettuale e sulla sua impotenza, sull'irrompere della contemporaneità (immagini e allegorie della Contestazione fanno capolino in diversi momenti) nel velleitario tentativo di isolamento dalla società, sull'irresponsabilità del capo-famiglia borghese, sull'abbandono egoistico agli istinti bestiali. Ci sono tutti o quasi i topos ricorrenti della filmografia ferreriana: il mare, le immagini riprodotte, il Sud del Mondo (gli hare krishna in giro per la città), il cibo, la necessità di evadere (con un aereoplano residuato della Seconda Guerra Mondiale). E' il film più poetico di Ferreri, uno dei più generosi per la fervida vena immaginifica e uno dei più liberi. Per l'ambientazione, potrebbe essere ricollegato al "Seme Dell'Uomo", ma le tematiche sono completamente diverse. "La Cagna" inoltre è molto più parlato e c'è anche una riuscita parentesi cittadina, con una scena bellissima: un interno borghese radunato davanti alla TV che trasmette immagini di violenza a ritmo tribale. Sono trovate che danno la misura di come Ferreri, al di là del grottesco, del surreale, del metaforico, abbia comunque sempre fatto un cinema ancorato alla realtà (trasfigurandola, ovviamente). Anarchico eppure rigososo, ellittico eppure trasparente, anche "La Cagna" va annoverato fra i titoli imprescindibili per capire qualcosa della poetica di Ferreri.
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