Regia di Sean Penn vedi scheda film
Di solito mi rimangono ben più parole alla fine di un film. Ma oggi, dopo questo bellissimo film di Sean Penn, ne ho veramente poche. Il duro tra i duri, Charles Bronson, che assaggia il piacere del passato e della nostalgia con una canna di fucile; lo schizzato e perverso Dennis Hopper che qui invece sa commuoverti senza farsi vedere; e in generale tutti gli attori che, più o meno affermati in quell'epoca, hanno ritratto benissimo ciò che dovevano ritrarre. Su tutti credo si differenzi Viggo Mortensen che da vita ad un personaggio puramente kerouachiano, che ricorda appunto l'Hopper di "Easy Rider", o meglio il Dean Moriarty di "On The Road", appunto di Kerouac. Il modo eccezionale in cui Viggo/Frankie si butta via, è invidiabile. Tutti vorremmo avere una seconda vita nel taschino del giubbotto, per poterla buttar via così. Ma quando ci rendiamo conto che la vita è una sola, allora ce ne dimentichiamo di quel "maledetto" che ci piacerebbe essere. Molti ci arrivano tardi, molti altri ancora se la cavano in tempo, e con poche ferite. Dove sia arrivato io, questo ancora non lo so.
Stilisticamente, la bravura di Penn è indubbia. La compostezza delle scene, e l'essenzialità della narrazione, ricordano molto Don Siegel, o il suo diretto discepolo Eastwood. Ma Penn ha anche la bravura, di saper raccontare il disagio e il delirio umano, mettendoci di suo, tutta la passione e la conoscenza cinematografica, che gli ha permesso di regalarci, un piccolo oggetto di culto. Reso ancora più immortale da quel volto ruvido che portava il nome di Charles Bronson. Oh, Charles Bronson...
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