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Prima linea

Regia di Robert Aldrich vedi scheda film

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La recensione su Prima linea

di PompiereFI
8 stelle

Inserito all’interno di una regia dallo stampo neanche tanto classico, “Prima linea” si avvale di una  direzione degli attori sempre molto precisa e puntuale. Aldrich si concede carrelli e dissolvenze di notevole imprinting, alimentando uno stile rapido di ripresa che promuove la concitazione degli eventi e degli animi. Ma più di tutte risaltano certe inquadrature dal basso a ingigantire uomini, volti, case, carri armati, barbari e poderosi tutti.

Continuando la sua analisi sull’indole venduta del Potere, il regista racconta la storia di un’insurrezione individuale tra le forze armate statunitensi, accerchiate dall’artiglieria pesante nazista al principio dello scontro sulle Ardenne, nel 1944. Un’opposizione doppia quella messa in scena: da una parte il nemico vero e dall’altra un ostacolo interno. Il doppio contrasto è destinato a generare sconfitte; perché l’Autorità è come un carro armato che schiaccia inesorabilmente chi tenta di scalzare coloro i quali sono votati all’egemonia politica, per merito o per stupida ambizione, sotterrando il cosiddetto “peso popolare” del comando in un accidioso inserimento nel Sistema ormai votato alla cancrena.

 

Da questo si può facilmente capire come l’America e le forze militari dell’epoca fecero il possibile, visto che Aldrich non conosceva esaltazione per l’amor di patria, nell’osteggiare la produzione e la distribuzione di “Attack!”. Di conseguenza l’ambientazione dove poter svolgere le azioni di guerra vere e proprie fu ridimensionata, e ciò non fece altro che acuire la drammaticità di alcune scene girate in spazi ristretti, lasciando perdere quelle ambizioni di ariosità e panoramicità che avrebbero apportato le scene di attacco aereo. Tra le curiosità della pellicola, c’è la doppia ripresa dalla stessa angolazione dello stesso cingolato, proprio per i motivi suddetti.

 

Suggestiva la dualità tra il potere ottuso e i soldati di prima linea più deboli, che subiscono perdite fisiche e morali (ci si salva per il rotto della cuffia e ironizzando, non senza aver regalato qualche arto rotto prima di far ritorno a casa). Soprattutto il personaggio interpretato da Jack Palance (il Tenente Joe Costa), è davvero una volpe fragile.

Scaltro e tutto d’un pezzo in battaglia, è costretto a scontrarsi con qualcosa che nemmeno conosce e immagina: una debolezza a metà tra lo psicologico e il corruttibile che lo obbliga a trascinarsi per terra, ai piedi di una figura più gracile eppure più spalleggiata di lui. Il rapporto di forza sulle strategie d’attacco giocato con Eddie Albert (il Capitano Erskine Cooney, interpretato dall’attore che ritornerà, altrettanto odioso, in “Quella sporca ultima meta”), mette in evidenza la posizione dell’uomo sbagliato nel posto sbagliato, colui che si trova in quell’avamposto per accontentare un desiderio paterno.

 

Un nesso che smuove una serie di emozioni così articolate: c’è la paura degli uomini del reparto militare più avanzato, la fiducia quasi incondizionata che essi riconoscono al loro tenente, la validità e l’importanza della parola nel rapporto tra uomini integri, e c’è il bilanciamento del trasformismo di certi colonnelli, il tradimento dei valori umani, le vigliaccherie di chi non sa svolgere i suoi compiti, fino ad arrivare all’omicidio. Nessuno brilla come modello integerrimo e non c’è riabilitazione nemmeno per il Tenente Woodruff che agirà per conto di Costa, offrendosi alla mercé di una democrazia che ormai presta fede senza riserve all’arte del compromesso dei suoi superiori. Leggermente disordinato per l’elevato numero di personaggi coinvolti nell’affaire, tra i quali un Lee Marvin lasciato nell’ombra, “Prima linea” rimane un film dal grande impatto visivo e dalla forte connotazione socio-politica.

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