Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film
E' un buon melodramma che si nota subito essere girato con molta cura, e interpretato allo stesso modo. Benché trattasi di un film drammatico, sembra che qui Lattuada abbia temporaneamente abbandonato la sua solita cattiveria nel definire i personaggi. L'unico veramente negativo è l'amante di lei, interpretato da un giovane ma molto bravo Vittorio Gassmann (ancora doppiato). L'attore riesce a dar vita ad un seduttore quasi diabolico, corrotto e malvagio, che però ahimé suscita in Anna un fascino oscuro e conturbante. E ciò malgrado lei si renda conto che è un uomo cinico ed egoista, che la fa solo soffrire. Lui le avvelena la vita, ma la attrae. A questo proposito è memorabile la spiegazione che la donna dà dei suoi sentimenti: la parte buona di sé è attratta dal fidanzato (Vallone), quella cattiva, "un'altra", dal mascalzone. La divisione interiore di Anna viene spiegata dal Mereghetti come l'attrazione per l'erotismo che si contrappone al senso del dovere. Io non la vedo affatto in questi termini: mi sembra proprio, come dice lei stessa, che il personaggio abbia dentro una parte sana e tesa al bene, e un'altra attratta in fin dei conti dal male. E' interessante notare come il perfido personaggio di Gassmann sia abile nello smontare la sua vacillante resistenza e determinazione nel lasciarlo e scegliere un altro uomo. Il primo errore di lei è l'accettare di parlare con lui quando si presenta all'improvviso da vero guastafeste. Poi egli inizia con il farla sentire in colpa per una colpa che non ha (cioè l'essersene andata senza salutarlo) e lei sventurata gli chiede pure scusa. Da quel momento è ricaduta in suo potere.
Niente cattiveria nella definizione dei personaggi, come dicevo, ma anzi il regista propone alcune figure umane molto positive, come ad esempio il primario dell'ospedale, e persino la severa madre superiora non è male. Un altro bel personaggio è secondo me la madre del promesso sposo.
Il film in generale è un riuscito ritratto di donna tormentata e indecisa. Ha indossato l'abito monacale senza una vocazione, cioè per fuggire, più che da una delusione amorosa, da un conflitto interiore che non era in grado di superare. E anche la sua scelta finale mi sembra non risolutiva e foriera di altri drammi interiori ed esteriori. Secondo me, comunque, qui la sceneggiatura poteva chiarire meglio le motivazioni di Anna. Se sono infatti evidenti i termini del conflitto nel suo pendere tra due uomini, si poteva forse andare più a fondo di una scelta che in fondo appare un tantino forzata. Un altro peccatuccio del film è secondo me la presenza di due numeri musicali che sembrano messi lì a forza (credo dai produttori) e mal si legano all'azione drammatica dell'opera.
Il grande successo di pubblico che il film ebbe appare meritato, ed è un ottimo esempio di come si possano trattare certe tematiche in modo intelligente e profondo, al contrario di come avrebbe fatto poi un diluvio di telenovelas e soap operas.
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