Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
Curioso riscoprire l’esordio cinematografico di uno che rischia di diventare presidente del consiglio di questo sciagurato Paese (qualora vi interessi: non me lo auguro nella maniera più assoluta). Vera anima di un film più incerto che discutibile, Beppe Grillo incarna un povero cristo chiamato da una Chiesa in crisi spirituale e sociale ad interpretare Gesù per alcune iniziative editoriali. È interessante che un soggetto del genere sia affrontato da un regista di formazione cattolica come Luigi Comencini, che ha scritto il film assieme a Massimo Patrizi, malcelatamente critico nei confronti di una istituzione formata da uomini più terreni che spirituali (il prete di Fernando Rey non a caso porta i pantaloni del manager).
Polemico apologo semifavolistico e parabola sulla (poca/mala)fede ai tempi dei media, riesce a non rischiare mai di affondare nella demagogia grazie ad un tono più sconsolato che rabbioso, nonostante le fragilità siano più che evidenti (specie nel filone pseudoromantico vissuto dall’emblematica Maria Schneider, donna perduta incappata in Grillo) e il messaggio sia fin troppo didascalico. La delicatezza si percepisce anche dalle musiche di Fiorenzo Carpi (collaboratore ricorrente di Comencini) e dalla patina soffice che avvolge la storia (che fotografa anche momenti nei sottoborghi romani accanto ai preziosismi e gli artifici della curia), ma il film verrà ricordato soprattutto per l’interpretazione dolce e straniante di un Beppe Grillo irriconoscibile se paragonato al ringhioso e frenetico capopopolo di oggi. Vinse il David e il Nastro come miglior attore esordiente.
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