Regia di Ang Lee vedi scheda film
"Ognuno è fatto a modo suo, noi comunichiamo con il cibo, loro comunicano cantanto" dice Jia-Chien alla sorella Jia-Jen infastidita dal karaoke dei vicini. È probabilmente la battura chiave di questa intensa opera di Ang Lee del 1994 nel quale i protagonisti del racconto, un rinomato chef di Taipei e le tre figlie, pur vivendo nella stessa casa, quasi non comunicano. Solo la domenica si riuniscono intorno al tavolo della cucina per consumare un rito. Il signor Chu prepara alle figlie un banchetto straordinario composto dalle migliori ricette della tradizione cinese che le donne consumano non senza notare che il padre sta invecchiando. L'uomo infatti non riesce più a sentire il gusto nei piatti che prepara e smemorato dimentica qua e là qualche passaggio e qualche ingrediente. Il pranzo domenicale è il modo con il quale Chu esterna il proprio compassato affetto per le figlie. Ma al di là di questo momento isolato preferisce non conoscerne la vita, le frequentazioni e non batte ciglio ogni qual volta riceve delle novità travolgenti sul loro conto. Nemmeno le sorelle sono particolarmente amabili. Jia-Chien e Jia-Jen hanno impostato il loro rapporto sulla menzogna e sul malinteso mentre la ventenne Jia-Ning è troppo giovane per interessarsi ai diverbi tra le due sorelle più grandi.
Jia-Jen è insegnante di chimica e si è convertita al cristianesimo. Inoltre vorrebbe un marito, e che gli altri smettessero di spettegolare sul suo stato di zitella; Jia-Chien è diventata dirigente in una compagnia aerea ed è combattuta tra il desiderio di un appartamento proprio ed una trasferta lavorativa ad Amsterdam; Jia-Ning studia all’università e lavora in un fast-food dove flirta col fidanzato di una collega. Il vecchio, infine, si barcamena tra lavatrici, jogging, il lavoro di consulenza nel ristorante di un vecchio amico, e le cure per una bimba, figlia di un’amica di Jia-Jen, ed intanto, nel suo intimo, cova propositi per il futuro...
Il regista di Taiwan dirige con passione nella terra natia lasciata nel 1978 per studiare cinema negli Usa, e dimostra di aver recepito la lezione americana sulla Settima Arte senza però aver rinunciato a descrivere la società cinese con tempi e modi tipici del cinema orientale. La sua istantanea di un nucleo familiare, che fatica a trovare un proprio equilibrio in una moderna Taipei impegnata a sostituire la tradizione con il progresso tecnologico e sociale, viene scattata prediligendo gli interni agli esterni, l'introspezione all'azione, la recitazione alla trama. Un film con un preciso stampo teatrale ma senza una statica unità di tempo o spazio e con un'inconsueta spigliatezza nei dialoghi, che si tramuta, di tanto in tanto, in ironica comicità. Meno serioso di quello che ci si potrebbe attendere ma capace di scavare nelle personalità di queste tre donne ed in particolare di Jia-Chien che tra le figlie è senz'altro la più autonoma, la più intraprendente con gli uomini, la più ambiziosa nel lavoro, ma anche quella che ha subito con maggior rimpianto il distacco dal padre e la perdita della madre. Una donna che vuol essere moderna ma anche tradizionale come dimostra il suo rimpianto per la cucina di casa, intesa come luogo d'incontro e di sicurezza emotiva. E mentre Jia-Chien aspira a recuperare il rapporto di affetto col genitore come in fanciullezza, ognuna delle figlie di Chu scopre pian piano le carte in tavola e prende le strada che si è scelta. Nemmeno gli immancabili dissensi riusciranno a modificare il destino dei protagonisti che il cibo della domenica riuscirà sempre a portare attorno ad una tavola. Il cibo è il collante della famiglia Chu, è un ponte tra passato e futuro, tra padre e figlia, tra uomo e donna ed è grazie ad esso che si ricuciscono gli strappi e le emozioni nascoste vengono finalmente a galla dando linfa ai sensi da troppo tempo assopiti. Finale poetico e all'insegna del ritrovamento.
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