Regia di Sofia Coppola vedi scheda film
Che Sofia Coppola sia un’autrice sopravvalutata non c’è dubbio. Con L’INGANNO del gran nome ha gettato fumo negli occhi nel corso di una filmografia, spesso premiata nei festival. L’insostenibile superficialità ha sostanziato opere dallo stile accattivante ma povere di contenuti. L’INGANNO in parte si salva da queste colpe, ha qualcosa nella regia asciutta, efficace e sicura che lo rende migliore delle pretenziose operette precedenti. Certo, se si dovesse tendere conto degli umori in sala si cadrebbe nell’equivoco di un’opera uscita dalla serie “Monache assatanate in clausura” o “Metti lo diavolo tuo nello corpo mio” dei gloriosi anni settanta. Ma io non mi sono fatto traviare dalle risate e dai commenti volgari degli spettatori. Il film non è una buffonata e il popolo bue, a volte, fa ribrezzo.
La Coppola narra di un soldato nordista salvato da una ragazzina del sud, abitante un piccolo collegio di educande immerso in un bellissimo bosco. Curato e accudito il caporale (che ha il fascino di Colin Farrell) diventa fonte di curiosità, desiderio, gelosie e crudeltà. Lo spirito sudista è forte ma la carne nordista è debole. Da gineceo nobile e accondiscendente a covo di vipere il passo è breve. Chi troppo vuole nulla stringe e si potrebbe continuare con altri proverbi. La metafora politica (siamo nel terzo anno della guerra d’indipendenza americana) è facile facile. L’INGANNO vive delle belle interpretazioni delle sue protagoniste: Nicole Kidman velenosa e austera, Kirsten Dust stupenda e frustrata (una delizia di attrice da sempre), Elle Fanning bambola ingannevole, idem le bravissime piccole coprotagoniste. Un regista di genere alla Bava avrebbe approfondito i lati horror della vicenda, diversamente Shyamalan, Tarantino in uno splatter l’epilogo, ma va bene così, a ciascuno il suo modus operandi.
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