Trama
Una donna vive da sola alla periferia di un villaggio in Russia. Un giorno, vede tornare indietro un pacco che aveva inviato al marito in carcere e che reca la scritta "rispedire al mittente". Scioccata e confusa, non ha altra scelta che recarsi alla prigione, in una zona remota del paese, in cerca di una spiegazione. Inizia così una battaglia contro l'impenetrabile fortezza della prigione, un luogo in cui le forze del male sociale sono costantemente al lavoro. Sfidando violenza e umiliazione, si imbarcherà in una cieca ricerca per la giustizia.
Approfondimento
A GENTLE CREATURE: UNA DONNA REMISSIVA IN UN CONTESTO DI VIOLENZA
Diretto e sceneggiato da Sergei Loznitsa, A Gentle Creature racconta la storia di una battaglia contro l'impenetrabile sistema carcerario sovietico, un universo in cui i mali sociali sono sempre all'opera. La vicenda ha per protagonista una donna che vive alla periferia di un villaggio russo e che ha il marito in carcere. Quando riceve indietro la posta che ha mandato al marito detenuto, la donna non ha altra scelta che mettersi in viaggio alla volta della prigione, situata in una zona remota, per capire cosa è successo. Affrontando violenze, umiliazioni e mille altri ostacoli, si imbarcherà in una disperata ricerca di giustizia.
Con la direzione della fotografia di Oleg Mutu, le scenografie di Kirill Shuvalov e i costumi di Dotrota Roqueplo, A Gentle Creature segna il ritorno alla finzione del regista russo Loznitsa a cinque anni di distanza da Anime nella nebbia. La genesi dell'opera viene così ripercorsa da Loznitsa in occasione della presentazione di A Gentle Creature in concorso al festival di Cannes: "L'idea iniziale era quella di raccontare la storia di una donna che si vede rimandare indietro la posta mandata al marito in carcere. Non ne capisce il motivo e allora parte alla ricerca di spiegazioni. La prima stesura cominciava così e non aveva una fine. Era anche molto differente da quella che è diventata dopo ma alcuni elementi sono rimasti sempre gli stessi: lo stoicismo dell'eroina e la sua espressione senza emozioni... non la si vede mai sorridere per tutta la durata della storia.
Sebbene il titolo richiami un'opera di Dostoevsky, A Gentle Creature non ha nulla a che vedere né con lo scrittore né con la tradizione russa. Dostoevsky era interessato a raccontare ambizioni ferite, umiliazioni e relazioni che terminano in catastrofe. I miei interessi vertono su qualcosa di diverso, non era mia intenzione realizzare il profilo psicologico di una persona repressa e/o abusata. A me interessava approfondire lo spazio, l'habitat, in cui creature così delicate come la mia protagonista sono costrette a vivere e sopravvivere. Non sappiamo quasi nulla di lei ma la conosciamo attraverso i principi e le regole della terra in cui vive.
Definisco A Gentle Creature una storia "fantastica" in cui la vittima conserva il suo ruolo di vittima mentre il male non è rappresentato da un solo personaggio ma prende forme e caratteristiche diverse: le qualità sadiche sono distribuite tra una moltitudine di personaggi e anche gli spazi fisici appaiono minacciosi e aggressivi. La mia eroina è "gentile" non perché lo sia particolarmente ma perché è una donna remissiva che si lascia sopraffare dal mondo che la circonda.
La "creatura gentile" è anche una metafora per il mio Paese, una terra in cui la gente è costantemente vittima di abusi e violenze di ogni tipo, una terra dalla doppia facciata che dietro l'ipocrisia del "va tutto bene" cela cose orrende. A tale doppia facciata corrisponde anche la scelta di un doppio finale: uno reale e violento che dà le spiegazioni necessarie e uno da sogno, con un banchetto che è una sorta di film nel film".
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Commenti (3) vedi tutti
Una signora cerca di sapere in quale prigione è stato portato suo marito. Ma si accorge che lei stessa è rinchiusa in una città che è come una prigione solo più grande e più permeabile. Una prigione che non ha bisogno di mura di cinta per rimanere separata dal mondo. Ma di solidi muri mentali, che incattiviscono gli animi e l'amore per la vita.
commento di Peppe ComuneUna donna mite, ma non facile alla resa: un nemico da affrontare che accerchia e inghiotte senza remore. Loznitsa costruisce un affresco memorabile senza una vera e decifrabile collocazione temporale, forte di un finale onirico ed asfissiante che ne conferma tempra e coraggio eccezionali.
leggi la recensione completa di alan smitheeUna peregrinazione infinita; un calvario insostenibile; la notte dei Paesi dell'Est. Tutto questo, anche di piu', con un finale ambiguo e poco convincente.
leggi la recensione completa di maurri 63