Regia di Antonio Napoli vedi scheda film
XII BIOGRAFILM FESTIVAL – Ingegnere della IBM che si dimise con una lettera epica (all’incirca: «cara IBM, tra noi è finita, non abbiamo più niente da dirci»), scrittore tradotto in mezzo mondo e curiosamente amatissimo in Germania, divulgatore appassionato e accusato di banalizzare la filosofia («salutame a Socrate»), regista, attore e conduttore naif e sempre allegro, seduttore di una immacolata bellezza greca: Luciano De Crescenzo è tante cose. Questo ritratto, firmato dal nipote Antonio Napoli, compendia ottantotto anni di vita pigra e spericolata, colta e libertina, in una sua ideale giornata organizzata tra la scrittura nello studio arredato con le copertine dei suoi libri e l’irrinunciabile caffè al bar sotto casa («qui ci sono due bar, io vado a questo perché quando arrivai il primo giorno andai a quell’altro e il barista non mi ascoltava: si è perso quarant’anni di caffè»).
Immancabili gli interventi degli amici, da un adorabile vitellone di genio come Renzo Arbore (memorabile lo scherzo della madonna nella grotta di Capri) alla ragazza dal talento incontrollato Lina Wertmuller, passando per il sociologo Domenico De Masi, le affettuose attrici Marisa Laurito e Marina Confalone fino al compagno di scuola Bud Spencer e all’amata Isabella Rossellini («gli dissi: sei l’amante più vecchio che ho avuto; lui disse: anche tu») e alla figlia, il cui nome, Paola, fu scelto su un treno in Calabria. Esponente della napoletanità più positiva come Raffaele La Capria, il De Crescenzo del film è comunque un altro ferito a morte la cui lacerazione all’origine della malinconia è un mistero nascosto nella simbiosi con una città bella e disperata.
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