Regia di Alessandro Piva vedi scheda film
La declinazione duale del titolo allude a un viaggio in Trinacria à rebours e ritorno compiuto dal regista, tra la ri-scoperta di un passato arcaico-rurale e un presente moderno e tecnologico. Attraverso l'accorto utilizzo del prestigioso materiale di repertorio avuto a disposizione (i cui autori sono doverosamente citati al termine del documentario), alcuni elementi caratteristici della regione – il pane, le arance, i tonni, gli immancabili pupi – assurgono ad archetipi di questa terra con i quali mostrare analogie e/o differenze tra com’era e com’è diventata.
Sarebbe facile affermare che si stava meglio quando si stava peggio (non sempre risulta vero, come per qualsiasi errore di idealizzazione sull’esistenza di un’ipotetica età felice ormai perduta): il regista lascia anche intuire i ben accetti cambiamenti in positivo che si sono avuti nel corso del tempo (basti pensare alla meccanizzazione avanzata di lavori usuranti come il minatore). Viene così scongiurato il rischio di creare l’immagine trasfigurata di un passato immobile che ha dovuto lasciare il posto al progresso necessario. Alcuni accostamenti tra immagini di ieri e quelle odierne, pur se selezionate con criterio e rispetto verso chi le ha riprese (molte sono di De Seta), risultano tuttavia prevedibili e talvolta retorici benché sinceri.
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