Regia di Claudio Amendola vedi scheda film
Claudio Amendola nella sua maturità d’attore riesce ora a dare il meglio di sé e nella storia che lo implica: una storia di amicizia, di fedeltà ai “propri” principî di vita e di sacrificio vitale per giungere al traguardo. È anche una storia dove la decisione da prendere è quella pressoché definitiva: verso il sacrificio o verso la redenzione.
La seconda prova di Claudio Amendola in qualità di regista/sceneggiatore, dopo il debutto con una simpatica e passabile commedia corale, è più impegnativa sia dal punto di vista artistico che attoriale, per lui e per il resto del cast. Addirittura si confronta con un genere di certo non facile: il noir. Il film è centrato su quattro persone che escono dal carcere con un permesso di due giorni e in quelle 48 ore succede di tutto, incidendo non poco sul loro futuro. In pratica sono quattro storie molto differenti e solo due dei personaggi avranno modo di incrociarsi fin da subito mentre gli altri due seguono percorsi ben differenti, con risvolti tragici. È l’ambiente duro e buio della periferia romana che condiziona le storie, perfino per la bella ragazza borderline figlia di una diplomatica molto ricca che abita in una lussuosa casa, ma il destino ha ormai coinvolto anche lei e l’incontro e la conoscenza del giovanotto che è uscito con lei ne condizionerà le scelte importanti per la strada della crescita umana. Proprio lì, nel momento di dover prendere “la” decisione quasi definitiva per il suo e il loro futuro. La tentazione per tutti di non rientrare mai più nel carcere dopo il permesso è forte e tutto può dipendere da cosa faranno i quattro in quei due giorni molto difficili.
Il tema è un buonissimo punto di partenza per sviluppare un soggetto adatto al cinema e a Claudio Amendola non si può negare le ottime intenzioni, l’impegno che traspare e non solo suo. Luca Argentero ha sì la trama più debole e più sfruttata sul grande schermo e quindi quasi scontata ma il suo personaggio brutto e sporco, eroico nelle sue intenzioni, è notevole e si distingue per la bravura. Valentina Bellè, già fattasi notare ultimamente nel bello Una questione privata dei fratelli Taviani e sul biopic su Fabrizio de André, esprime le sue caratteristiche d’attrice con la consueta grinta; Giacomo Ferrara invece ritrova il tipo di personaggio che lo ha fatto conoscere al grande pubblico con le storie torbide della criminalità romana (Suburra, televisiva e no) e partendo piano si afferma poi con una buona interpretazione.
Su tutto emerge ovviamente il regista/sceneggiatore/attore Claudio Amendola nella sua, credo, migliore prova recitativa: piena, matura, intensa. Nella sua maturità d’attore riesce ora a dare il meglio di sé e nella storia che lo implica – la più bella e la più difficile della quattro – arriva al nocciolo del film. Che è principalmente una storia di amicizia, di fedeltà ai “propri” principî di vita e di sacrificio vitale per giungere al traguardo. È anche una storia dove la decisione da prendere è quella pressoché definitiva: verso il sacrificio o verso la redenzione.
Certo, qualcosa si perde per strada Amendola: le fondamenta sono buone ma la costruzione avrebbe avuto bisogno di un ingegnere migliore ma lo sforzo è molto apprezzabile e da premiare. Anche il rimbalzo fra le varie storie, come fossero episodi differenti ma che non lo sono, sono ben collegate. Sicuramente un film che va quindi premiato con la sufficienza del mio modesto giudizio, anche per merito di una sceneggiatura firmata a più mani tra cui l'espertissimo Giancarlo De Cataldo.
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