Regia di Claudio Amendola vedi scheda film
Quattro storie con un denominatore comune: il permesso di libera uscita per altrettanti carcerati. Rossana (Bellè) è una ragazza di famiglia altolocata finita dietro le sbarre per traffico di droga. Angelo (Ferrara) è dentro per rapina, ma non ha mai fatto i nomi dei suoi soci che, mentre lui guarda il sole a scacchi, se la spassano nella casa che la nonna gli ha lasciato in eredità al quartiere Prenestino di Roma. Luigi (Amendola) è un boss della mala che è stato istituzionalizzato da lungo tempo, ma che ha deciso di ritirarsi e che per nessuna ragione vorrebbe che suo figlio seguisse le sue impronte. Infine, Donato (Argentero) vorrebbe sfruttare le 48 ore che ha a disposizione per ritrovare sua moglie, finita nel frattempo in un giro di prostituzione.
Scritto con l'alluce del piede sinistro da Giancarlo De Cataldo, che ormai da tempo lavora a cottimo per il cinema (Romanzo criminale, Noi credevamo, Suburra), Il permesso è il secondo film da regista di Claudio Amendola, dopo La mossa del pinguino. Al repentino cambio di genere corrisponde una maggior incisività in cabina di regia, con particolare attenzione agli ambienti e alle inquadrature. Tuttavia, il plot narrativo - che inscena storie di possibile redenzione facendo incontrare due dei quattro protagonisti soltanto in un caso - manca di finezza psicologica nel disegno dei caratteri, è banale e ordinario. Né aiuta la direzione di attori che, con le sole eccezioni del regista/protagonista e del giovane Giacomo Ferrara (qui alla seconda prova dopo Suburra), sono sotto il livello di guardia.
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