Regia di Claudio Amendola vedi scheda film
48 ore di permesso premio per 4 detenuti: come le spenderanno? Cosa e chi li attenderà fuori? E soprattutto: rientreranno in carcere?
La voglia di libertà, il bisogno di normalità, il desiderio di fuga: tutte componenti che giocano un ruolo determinante in questo racconto profondamente nero, opera seconda di Claudio Amendola regista a quattro anni dalla commedia - non banale, meglio specificarlo dati i tempi che corrono - La mossa del pinguino (2013). E non è banale, a dispetto di un titolo poco espressivo, neppure Il permesso - 48 ore fuori, film che predilige lo studio psicologico dei personaggi all'azione, nonostante neppure quest'ultima manchi, e che tenta di mantenere alti ritmo e tensione con risultati però non sempre ottimali. Amendola si ritaglia come è giusto un ruolo da protagonista, riservando le altre parti centrali a Luca Argentero, Valentina Bellè e Giacomo Ferrara; in ruoli minori troviamo poi Ivan Franek, Massimo De Santis e Antonino Iuorio. Nella sceneggiatura firmata da due penne esperte come Giancarlo De Cataldo (Romanzo criminale) e Roberto Iannone (La squadra), con la collaborazione dello stesso regista, si avverte fin troppo la volontà di virare la storia verso un certo gusto tragico e morboso dal potente appeal sul pubblico contemporaneo; qualche eccesso patetico nel nome dell'adrenalina e del sentimento forte, facile si può anche perdonare nel complesso di un film diretto dignitosamente e confezionato in maniera altrettanto professionale (fotografia di Maurizio Calvesi, montaggio di Roberto Siciliano, musiche di Paolo Vivaldi). 4/10.
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