Regia di Taylor Sheridan vedi scheda film
Opera prima dello sceneggiatore Taylor Sheridan, già autore degli ottimi Sicario e Hell or Hight Water, I segreti di Wind River (titolo italiano che furbescamente allude al ben più famoso I segreti di Twin Peaks, Opera-Monstre di David Lynch tra l'altro con un plot abbastanza simile con il ritrovamento del corpo di una ragazza del luogo, immerso tra le montagne, e un agente dell'FBI chiamato sul posto ad indagare) è un film solenne e dolente, incastro contemporaneo di thriller classico e western crepuscolare, e ispirato ai problemi endemici delle riserve indiane americane (abbandono e degrado ma, soprattutto, violenze sessuali e le sparizioni incontrollate di giovani donne indoamericane cui un troppo esiguo corpo di polizia non è assolutamente in grado di controllare) per imbastire un dramma a tinte forti che è anche un atto di accusa verso l'America per il suo comportamento (recidivo) nei confronti di una cultura come quella del popolo pellerossa, affiancandosi come tematica a un'altra pellicola contemporanea come Hostiles di Scott Cooper.
Cupo e gelido come la terra che racconta, il film non blandisce lo spettatore prediligendo invece una narrazione laconica e sommessa, mettendo in scena un'umanità rassegnata e indurita da una natura implacabile, dove a regnare sono neve e silenzio, e prendendosi tutto il tempo per centellinare informazioni ed eventi e lasciando che sia poi lo spettatore, autonomamente, a razionalizzarsi con una storia che non è soltanto quella di un'indagine sull'omicidio di una ragazza indiana ma è anche un'apologia sul dolore e sul ricordo, sull'impossibilità di proteggere le persone che ami e su un'etica della vendetta che, in mancanza di regole, diventa l'unico spiraglio per una qualche forma di giustizia, l'unico che sembra ancora funzionare.
Ottima la prova del protagonista Jeremmy Renner e di Elisabeth Olsen come anche di un cast formato principalmente da ottimi caratteristi, da Graham Greene a Jon Bernthal fino allo splendido Gil Birmingham, padre dolente della vittima.
Sheridan racconta quindi la fine di un mito, quello del cowboy il cui simbolismo per decenni ha guidato l'america verso il futuro, ma quel mito ormai è stanco e disilluso e con lui è tramontato anche lo stesso sogno americano, debilitato dai suoi stessi errori, come una bandiera americana che ormai sventola a brandelli nella incuranza di tutti. L'americano medio ora non è più un cowboy: è invece stupido, arrivista ed egoista, pensa esclusivamente a se stesso e non ha alcun remore a ricorrere anche alla violenza pur di soddisfare e i suoi bisogni più reconditi e osceni.
Un branco di lupi e predatori pronti a sbranarsi tra loro.
VOTO: 7.5
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