Regia di Pavel Lungin vedi scheda film
5° FESTIVAL DU CINEMA RUSSE DE NICE - CINEMA OLTRECONFINE
Sophia Mayer è la più celebre cantante d’opera vivente, nata in Russia ma emigrata giovanissima e mai più tornata in patria.
Alla notizia che la diva, seguita con passione dai suoi fans come una novella Maria Callas, ha intenzione di tornare in patria per dirigere un adattamento ambizioso dell’opera di Tchaikovski “La dama di picche”, manda in fermento tutto il cast stabile del teatro nazionale che ospiterà l’anteprima mondiale. Tra i cantanti in particolare, si instaura un clima di dissidio e concorrenza spietata per cercare ognuno di aggiudicarsi il miglior ruolo possibile.
L’attenzione si sposta in particolare su Andrey, giovane ambizioso e molto dotato, che ambisce a ricoprire il ruolo principale di Hermann; per questo riuscirà a sedurre prima di tutto la bella nipote della Mayer, figlia della sorella gemella dell’artista, donna ancor più dotata della sorella, ma costretta dalla sorte (e non solo da quella) ad un destino di sofferenze e di oblio, e poi la stessa celebre diva.
Ma non sarà invece tutto il contrario, ovvero la star a manovrare ancora una volta i destini di un successo che l’ha resa una abile stratega dei propri interessi ancor prima che donna dal talento unico ed ineccepibile?
L’ottimo regista Pavel Lounguine (o Lungin, a seconda del paese che ne traduce i connotati cirillici), quello degli indimenticabili Taxi blues, Le nozze e L’isola, ci intrappola in un percorso a spirale lungo le coreografie barocche di una messa in scena che è nulla, al confronto del diabolico piano architettato dai protagonisti di questo intrigo a tratti eccessivo, ma più spesso galvanizzante e diabolico.
Ed è bello ritrovare in scena, statuaria e severa, importante se non imponente, la quasi “nostra” Ksenia Rappoport, tornata in patria a lavorare con questi grossi calibri della regia: il suo è un personaggio diabolico d’altri tempi, forse improbabile ed irreale, ma meraviglioso: una figura di donna che avrebbe fatto impazzire Billy Wilder, e degna di suoi capisaldi come Fiamma del peccato o come la Norma Desmond de Sunset Boulevard.
Una direzione incalzante rende plausibile una vicenda di tranelli e colpi bassi in realtà così sopra le righe da rivelarsi completamente inverosimile, all’interno della quale poi si dipanano certe altre turpi vicissitudini addentro alle quali finisce invischiato il nostro baldo protagonista (il bravo Ivan Iankovski che ricorda, per prestanza e sguardo infido e tagliente, l’intrigante Helmut Berger), alle prese con una banda di loschi trafficanti e strozzini, dei quali diviene vittima e nel contempo “gallina dalle uova d’oro”.
Una vicenda rutilante che non ha paura di rivelarsi improbabile, ma non certo macchinosa, perché nella sua complessa costruzione narrativa tutta svolte e sorprese, è in grado di regalare allo spettatore oltre due ora di pieno coinvolgimento, infischiandosene del rischio di apparire ridondante e demodé, ma anzi approfittando delle scenografie barocche dell’eccentrica scenografia risultante dall’adattamento bizzarro a cura della neo-regista, per imbastire un thriller tutto eccessi che probabilmente non sarebbe dispiaciuto adattare sul grande schermo al maestro Brian De Palma.
Un film che Lounguine da tempo tentava di realizzare, e che era stato concepito inizialmente come una coproduzione internazionale a maggioranza americana, con Uma Thurman nei panni della diabolica protagonista.
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