Regia di Maria Schrader vedi scheda film
Gli ultimi anni di vita - errabonda suo malgrado - di un grande scrittore,in fuga dalla furia nazista.L'occhio è quello di una attrice e regista che si impegna a mostrarci il lato umano racchiuso nella quotidianità della vita di tutti i giorni.Ne esce un film accorato ma statico, incapace di valorizzare la complessità di un personaggio come Zweig.
All’attrice e, per l’occasione, regista austriaca Maria Schrader, celebra il suo esordio in tale veste concentrandosi sulle tragiche circostanze che spinsero uno dei più noti e conosciuti poeti e scrittori austriaci, Stefan Zweig appunto, a lasciare la patria e ad errare senza pace oltre continente, tra gli Stati Uniti ed il Brasile.
Lo scrittore, nato da una facoltosa famiglia di ebrei austriaci, notissimo in tutta Europa grazie alle sue poesie, ai suoi romanzi tradotti in moltissime lingue, e alle sue biografie, dopo che i nazisti bruciarono e misero all’indice l’intero scibile della sua opera, si vide costretto ad espatriare, ben conscio, sin troppo - tenuto conto delle tragiche circostanze che ne caratterizzarono la dipartita – che non sarebbe più riuscito a rimetter piede nella terra natia.
Seguiamo pertanto, in una manciata di episodi di cui si completa il film, il viaggio in Brasile, poi a new York dalla sorella, e quindi definitivamente in Brasile a Petropolis, circondato dall’affetto della seconda moglie e dall’attaccamento di tutta una serie di lettori ed ammiratori, alcuni esuli come lui, altri in viaggio.
La regista cerca, a dire la verità sin troppo smaccatamente, di evitare patetismi e ci mostra uno Zweig in apparente condizioni di coraggiosa, forte accettazione della propria condizione di esule e non desiderato: quasi sereno, col suo cagnetto inseparabile, sin ironico con un mondo che iniziava a far crescere muri e a seminare discordia e morte attorno ad una Europa sottomessa e in attesa di una carneficina imminente.
L’episodio finale, epilogo tragico dopo una decisione presa di concerto con la propria compagna, vive di vita sua ed appare quasi slegato a tutto ciò che precede la scelta estrema.
Il film, suddiviso in episodi che spesso scandiscono alcuni dettagli dei frequenti spostamenti del comprensibilmente irrequieto scrittore, non è sorretto da uno stile o una forza particolarmente dirompenti, se si eccettua la scena finale, collocata quasi senza preavviso, come per dare allo spettatore, magari già al corrente dei fatti realmente accaduti, l’impressione di uno shock dopo una sorpresa inaspettata e tragica: una bella ed efficace ripresa che divide lo schermo tra uno specchio semovente di un armadio ed il resto della stanza, ci mostra fugacemente la coppia che giace immobile a letto, e poi, aprendosi e spaziando la visuale dello specchio dal lato opposto, una panoramica sui primi soccorritori, esterrefatti ed increduli, mentre si riuniscono attorno al luogo intimo del ritrovamento, leggendo altresì il messaggio scritto dalla coppia per giustificare il loro drammatico gesto estremo..
Una ripresa lunga e di grande effetto, che riesce a risultare dirompente e a scuotere un po’ la piattezza del resto della messa in scena, eccessivamente legata alla gestualità ed ai riti comportamentali quotidiani di uno scrittore che certamente amava nascondere la propria ansia e la preoccupazione lecita e meritevole che certamente riponeva nei confronti della sua famiglia, del suo popolo, martoriato da una furia assassina di cui solo in seguito si conobbero i terrificanti effetti.
Il film nel suo complesso appare un tentativo volonteroso, ma ancora un po’ acerbo stilisticamente, di raccontarci nel suo intimo un personaggio che mantiene sempre un proprio dignitoso savoir faire nell’affrontare un dramma dirompente che ripercorre sia la sfera personale, sia ancor più il destino di un popolo, di una razza, di un continente ormai diviso tra chi taglieggia e chi soccombe.
Purtroppo molti episodi narrati sembrano ripetere sin troppo certi stati d’animo che contraddistinguono la quotidianità di un esilio, finendo per apparire poco incisivi, a mio giudizio inadatti, inefficaci a fornirci un ritratto esaustivo di un personaggio cruciale della letteratura del periodo, rimanendo la sua figura inutilmente incastrata in discorsi di facciata, di circostanza, costretta tra piccole tenere storie di famiglia ed amicizia e confronti con altre personalità come lui sfuggite al ghetto, quindi preoccupate, amareggiate, ma pur sempre privilegiate se si pensa a tutti coloro (la maggioranza) che non è riuscita a trovare rifugio sicuro come costoro: dialoghi e situazioni che, per questo motivo, paiono piuttosto fuorvianti o sottotono nei confronti del personaggio e dell’opera che ce lo ha conservato alla memoria.
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