Regia di Manetti Bros. vedi scheda film
Il musical è uno di quei generi che in Italia ci siamo sempre “filati” poco. Forse per la complessità della messa in scena o più semplicemente perché siamo un popolo semplice non troppo abituato alle complicazioni e, vedere un film mentre e ascoltarne la trama attraverso le note di una canzone, non è poi una pratica tanto amabile; motivo per cui siamo uno dei paesi in cui i film in lingua originale, al cinema, sono eventi rari.
Detto questo, ci hanno pensato i Manetti Bros a sbaragliare le regole, creando un musical, con tutte le complicazioni di cui sopra e, udite udite, gli hanno anche aggiunto dei sottotitoli, in quanto la lingua parlata è prevalentemente il dialetto napoletano. Quello che ne è venuto fuori è qualcosa di inaspettatamente affascinante.
L’ambientazione, in quel di Napoli (non poteva essere altrimenti), abbinata ad una fotografia capace di esaltarne il lato poetico, è il perno attorno al quale ruota tutta la storia. E, come nel più moderno dei drammi d’amore, i Manetti Bros vi inscenano la trama di un amore travagliato e impossibile … o quasi.
Man mano che scorre la visione, la sensazione è quella che nulla sia fuoriposto e che ogni attore sia collocato nel giusto ruolo. Il cast, è un altro dei punti forti di questa pellicola. Carlo Buccirosso è, senza ombra di dubbio, il boss più bizzarro che il cinema ricordi ma più che a suo agio nel ruolo che ricopre. Degna di nota anche la prestazione di Serena Rossi e Giampaolo Morelli; vincente risulta la scelta di usare volti noti della canzone neomelodica come Franco Ricciardi, Ivan Granatino e Raiz.
Unica pecca, non da poco considerando che poteva essere evitata, è il finale che, per quanto intuibile, non soddisfa lo spettatore esigente che ha ben seguito la trama. Passi per l’esagerazione, voluta, di alcune scene, dove il protagonista finisce per diventare un supereroe non richiesto, ma la conclusione fiabesca non credo sia considerabile, vista la composizione della trama. un così essenziale elemento, l’atto conclusivo di tutta la messa in scena, finisce per non essere degno del racconto che lo precede.
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