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Ammore e malavita

Regia di Manetti Bros. vedi scheda film

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La recensione su Ammore e malavita

di supadany
7 stelle

Venezia 74 – Concorso ufficiale.

Come candidamente ammesso senza farsi troppe paranoie, per i Manetti Bros. Ammore e malavita se non è la prova del nove, è comunque una tappa fondamentale della loro carriera.

Infatti, dopo aver conquistato definitivamente la stima della critica con Song ’e Napule, hanno a disposizione una produzione nettamente superiore alle loro abitudini (da micro budget) e la presenza nel concorso principale di Venezia74 è un’ulteriore responsabilità, convertibile nell’occasione da non lasciarsi sfuggire per allargare gli orizzonti della loro riconoscibilità.

Don Vincenzo (Carlo Buccirosso) è un boss della camorra stanco dei rischi legati alla sua posizione e grazie all’aiuto di sua moglie Donna Maria (Claudia Gerini) sembra avere trovato l’espediente giusto per uscire di scena una volta per tutte ed essere dimenticato da tutti.

Proprio durante l’attuazione di questo piano, il sicario Ciro (Giampaolo Morelli) riceve l’incarico di eliminare l’infermiera Fatima (Serena Rossi), ma quando i loro sguardi s’incrociano, la ragazza si accorge immediatamente di aver ritrovato il primo grande amore della sua vita. Inevitabilmente, Ciro cambia radicalmente i suoi piani, dovendosi scontrare con il suo ex collega d’azione (Raiz), ma anche la camorra lo deve temere. Per le strade di Napoli scorrerà parecchio sangue.

 

Claudia Gerini, Carlo Buccirosso

Ammore e malavita (2017): Claudia Gerini, Carlo Buccirosso

 

Al cospetto di un budget finalmente importante, i Manetti Bros. non rinunciano a nulla, anzi ne approfittano per permettersi anche ciò che usualmente gli è precluso a priori per i costi.

Come linea di principio, frullano cinema di ogni sponda: il crime movie e il musical, gli amori di una vita intera e l’azione, la commedia popolare ma anche il citazionismo che sfoga nella parodia dei grandi successi – su tutti l’ovvia Gomorra e la meno scontata saga di 007 -, tutto amalgamato all’interno di un ballo apparentemente scriteriato ma ancor prima esondante, trascinando tra i luoghi di Napoli grazie alla sua verve esplosiva.

Questo zibaldone irrefrenabile, un po’ coatto e un po’ colto, sfreccia interpolando cinema d’evasione e il dramma, senza avere alcun timore di schernirsi con le sue stesse mani, magari proprio quando sembra essere lì per lì per fare veramente il serio.

Ciò che invece non è mai messo in discussione è il dinamismo, quella capacità di uscire anche dagli imbuti più stretti, ricorrendo a soluzioni iperboliche e a giochi di prestigio, evitando di ripetersi, rilanciando fino all’ultima pagina, in questo caso gustosa nella sua dimensione di rewind delucidativo.

A conti fatti, si parla di un vivace tentativo di deviare dagli schematismi imperanti, puntando comunque a una platea più rigogliosa del ghetto in cui i Manetti Bros. sono, almeno al cinema, da sempre circoscritti (chi scrive, ne fa parte dai tempi di Zora la vampira e Piano 17), prendendo per i fondelli alcune manie, vedi la gita turistica a Scampia, istruendo alcuni personaggi secondari assurdamente comici, come un avvocato che maltratta il latino, e avendo in Claudia Gerini e Carlo Buccirosso, per l’occasione dotato di parrucchino, due protagonisti caparbi e intraprendenti, tallonati da Giampaolo Morelli, autentico feticcio del duo romano (L’ispettore Coliandro, Song ’e Napule). 

Tra pallottole e coreografie danzanti, un intrattenimento popolare di origine controllata.

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