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Lamerica

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lamerica

di axe
8 stelle

All'inizio degli anni '90, dopo il crollo del regime comunista, l'Albania e' una nazione in piena crisi economica, culturale e sociale. Terra di conquista per personaggi senza scrupoli; due di questi sono imprenditori italiani, Fiore e Gino, che progettano il rilancio di un calzaturificio, con l'unico ed evidente scopo di appropriarsi di risorse destinate alla ricostruzione del paese. Per limitare i rischi, decidono di intestare la nascente societa' a Spiro, un anziano dalla mente vacillate trovato in un ospizio, il quale viene presentato alla corrotta politica locale. Mentre Fiore, il piu' anziano dei due, torna in Italia, Gino rimane in Albania. Gli viene chiesto di presentare l'anziano prestanome anche ad altre personalita'; questi, tuttavia, si allontana, e Gino e' costretto a rintracciarlo. Raggiungere la capitale si rivela assai arduo. Perso ben presto il comodo fuoristrada in dotazione, il giovane imprenditore, con l'anziano al seguito, e' costretto ad un allucinante viaggio attraverso le macerie di una nazione privata della sua identita' prima dalla dominazione fascista, poi dalla dittatura comunista. Durante il tragitto, il giovane apprende di aver perso il lavoro, essendo sfumato l'affare, ed approfondisce la sua conoscenza con l'anziano, che scopre essere un italiano spedito a combattere in Albania, imprigionato con l'avvento del comunismo e fermo con la mente agli anni '40. Il film si conclude mostrando un (forse) piu' consapevole Gino tornare in Italia privo di documenti a bordo di una "carretta del mare", insieme a centinaia di clandestini e ridotto come loro. Il film e' valido sotto ogni aspetto. Tramite l'espediente del viaggio, il regista ci racconta il disastro dell'Albania. Ci mostra un intero popolo vittima di un "lavaggio del cervello", a causa di due ideologie estreme ed opposte, il quale non ha che il proprio grande vicino, l'Italia, cui guardare, come modello di sviluppo e terra di benessere, cosi' come in passato, per i nostri avi, e' stata "Lamerica". L'immagine che il popolo albanese ha dell'Italia e' pero' totalmente falsata, in quanto basata su quanto si vede dalle TV il cui segnale arriva oltre il mare. L'Italia e' terra di calciatori, soldi facili, musica, balli, potenti autovetture e ricchezza diffusa; e' pertanto evidente come tantissimi giovani albanesi, persa la fiducia nelle proprie istituzioni, la vogliano raggiungere a qualsiasi costo. Tale ammirazione non e' ricambiata; per alcuni veri italiani, l'Albania di inizio anni '90 e' un luogo per fare soldi facili, cosa possibile con l'applicazione degli strumenti ben noti della corruzione e dell'intestazione fittizia. Mentre Fiore nasconde il proprio sentimento verso gli albanesi, posto che ne abbia, Gino li disprezza apertamente. Non perde occasione per denigrarli, direttamente, o tentando di comprare i loro servigi per quelli che in Italia sono pochi spiccioli. Quest'arroganza nasce dalla profonda ignoranza del giovane, che mostra di non saper nulla della storia albanese, e del rapporto che in passato questa nazione ha avuto con l'Italia. In cambio, non riceve che indifferenza. Gli albanesi con cui viene in contatto ignorano i suoi "capricci", giungendo anche a trattarlo come uno di loro, finche' un funzionario di polizia impegnato in indagini sulla truffa del calzaturificio decide di dargli la lezione che merita. Ovvro consentirgli di tornare in Italia - dal momento che non ha valore per la giustizia albanese - a bordo di un barcone, come un qualunque "clandestino". Durante le peregrinazioni in Albania, Gino stringe un legame con Michele, il vero nome dell'anziano, il quale, credendo di vivere nel passato, ragiona con il giovane imprenditore esprimendo concetti a lui alieni. Convinto che sia in viaggio per tornare nella sua Sicilia, e poi verso "Nuova York", Michele non aspira ad altro che ricongiungersi con la famiglia, da cui fu strappato per combattere una guerra della quale non comprendeva le ragioni, e ad una vita di duro ma onesto lavoro. Tutte cose che Gino, ancora giovane, e gia' logorato dall'abuso del benessere, non puo' comprendere. Almeno fino all'ultima fase del viaggio, nel momento in cui si trova sulla nave circondato da albanesi, dai volti segnati dalle difficolta',ma speranzosi per un futuro migliore di quello che avrebbero potuto aspettarsi nella loro terra, le cui gravi condizioni sono mostrate con incisivita'. Infrastrutture e servizi insufficienti, abitazioni semidistrutte, ovunque gruppi di bambini abbandonati a loro stessi e persone quasi inerti di fronte a tutto cio' rendono a perfezione l'idea di decadenza di una nazione. Buone le prestazione degli attori. Michele Placido intepreta Fiore, tanto subdolo da sparire dalla circolazione alle prime avvisaglie di guai; Enrico Lo Verso e' Gino, un personaggio avido, arrogante ed ignorante, il peggior figlio che una societa' benestante puo' generare; talmente "marcio" che il regista non ne garantisce la "rieducazione". Carmelo Di Mazzarelli e' Spiro/Michele, testimone suo malgrado di cinquant'anni di storia albanese e latore di valori positivi, non essendo in alcun modo stato corrotto dal consumismo. Ottimo film, tratta con efficacia l'attualissimo tema dell'emigrazione di massa, legandolo in un rapporto causa/effetto alle azioni delle stesse nazioni benestanti verso le quali sono diretti i flussi di persone.

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