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L'amante sconosciuto

Regia di Nunnally Johnson vedi scheda film

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La recensione su L'amante sconosciuto

di fixer
6 stelle

Attenzione! Il titolo è L'AMANTE SCONOSCIUTA.

 

Questo film si caratterizza per alcune (almeno)apparenti stranezze. La prima è che si tratta di un normale “giallo” (a proposito, qualche buontempone lo ha definito un “noir”, qualifica risibile; per informazioni leggersi il saggio di Paul Schrader NOTES ON FILM NOIR (1972) disponibile anche in rete). La cosa strana è che la 20th Century Fox abbia prodotto questo thriller, tutto sommato modesto, con il formato Cinemascope.

La seconda stranezza è il cast: sembra che i produttori si siano divertiti a lanciare un’opera che oggi chiameremmo Vintage, e cioè chiamare un gruppo di attori avanti con l’età. Nell’anno di uscita del film (1954) Ginger Rogers aveva 43 anni, Gene Tierney 34, Gorge Raft 53, Reginald Gardiner 51, Otto Kruger 69. L’unico che sembra a suo agio, riguardo all’età è Van Heflin, allora 44enne. Ma è comunque una stranezza, in quanto, almeno per il grande pubblico, egli rappresentava il rude, pur se onesto e leale, colono passato alla storia in IL CAVALIERE DELLA VALLE SOLITARIA, uscito l’anno prima, e che riprenderà, anni dopo, in QUEL TRENO PER YUMA. Era rischioso presentarlo ora come il raffinato e colto impresario teatrale Peter Denver, mite ed educato.

Terza stranezza è l’evidente collocazione di certi attori in ruoli inadatti. Com’è possibile immaginare Raft come poliziotto, dopo una carriera spesa come gangster? Com’è possibile rappresentare Ginger Rogers come una moglie così insopportabilmente egocentrica, bisbetica e malevola? Com’è possibile puntare su un’attrice (Peggy Ann Garner) nota soprattutto per le sue apparizioni da bambina e al suo primo vero ruolo adulto?

Il film è tratto da un romanzo di Hugh Wheeler, che però lo scrisse con lo pseudonimo di Patrick Quentin. Il titolo in inglese (così come il film) è FATAL WOMAN, mentre nel film è BLACK WIDOW, vedova nera. Il pubblico si aspetterebbe che nella storia ci fosse appunto una vedova malvagia. In realtà non esiste nessuna vedova; la ragione del titolo sta invece nel comportamento dell’omonimo ragno velenoso che, oltre a tessere la sua tela, si diverte ogni tanto a papparsi il maschio con cui ha appena copulato.

In realtà, ancora un’altra stranezza, Nanny (o Nancy) Ordway (interpretata dalla Garner), la ragazza adorabile che ordisce la sua terribile tela ai danni degli altri, non uccide proprio nessuno, ma è ella stessa ad essere uccisa.

La cosa curiosa (un’altra stranezza) è che è la sua morte a mettere nei guai qualcuno.

Il regista, Nunnally Johnson, ex-giornalista, dopo una vita spesa come sceneggiatore e produttore, era al suo secondo lavoro come regista. Viene quindi spontaneo chiedersi come mai un professionista come lui (molto apprezzato da un despota come Darryl Zanuck, boss della 20th Century Fox, perché era altrettanto abile e infaticabile), possa aver accettato di dirigere, dopo aver scritto la sceneggiatura, un film così chiaramente destinato all’insuccesso. Mah! Misteri. Non è tanto normale vedere tante stranezze ed incongruenze in un mondo così scientificamente organizzato come Hollywood.

Trovarci poi di fronte a tutta la grandiosità del Cinemascope, alla superba fotografia di Charles Drake e al “glamour” che ciò comporta, mortificati da una quasi esclusiva ripresa in interni, per un “giallo” senza particolari spunti tali da richiedere la maestosità del formato, beh, è tutto molto strano.

La storia è abbastanza lineare. Un impresario teatrale conosce una ragazza ad un party cui non voleva partecipare, convinto ad andarci solo per l’insistenza della moglie, partita per recarsi dalla madre inferma. Nanny, la ragazza, è un’aspirante scrittrice cui Heflin, impresario teatrale di successo, permette per comodità di lavorare nel suo appartamento, quando egli è al lavoro. Un giorno, Denver rientra a casa con la moglie, la quale scopre che Nanny è morta impiccata nel bagno. Apparentemente sembra un suicidio, poi si viene a scoprire che è stata uccisa e che era incinta. Denver è il maggior indiziato e la polizia lo bracca. Egli si sottrae all’arresto per potere difendersi e scoprire da solo chi è l’assassino. Alla fine, in un drammatico (ma classico) confronto con tutti i protagonisti riuniti in un appartamento, la verità (del tutto inattesa) viene a galla e Denver è totalmente scagionato.

A parte la sontuosità sprecata del formato, cosa si può salvare di questo film? Sicuramente una certa eleganza dei dialoghi, a volte rovinata dalla recitazione sopra le righe, soprattutto da parte della Rogers. Salverei anche la leggerezza del tocco, più vicino alla commedia brillante (incentrata nella figura dell’attrice) che al ritmo incalzante di un buon thriller. Più che la storia tragica di una spregiudicata aspirante scrittrice è un’innocua frecciatina all’ipocrisia che si annida nel mondo teatrale newyorkese ed uno strano tentativo di fare un thriller coi toni della commedia.

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