Regia di Paolo Franchi vedi scheda film
"Vuoi che me ne vado?" Quando si sbaglia la lingua parlata e il linguaggio del cinema viene tradito.
Peccato: una bella storia, ben costruita, ben sceneggiata, eccellenti caratterizzazioni di tutti i personaggi (principali e non) che le danno corpo, finanche alle potenzialità di un cast che, almeno sulla carta, è di valore più che buono.
Se non che, un maledetto taglio televisivo, una non ben spiegata esigenza di arrivare a non si capisce bene quale pubblico (soldi? Soldi, soldi, sempre soldi...!), questa odiosa necessità di assomigliare sempre ad una “fiction” anziché voler essere “cinema”, fanno di questo “Dove non ho mai abitato” una vera occasione mancata per poter dire (e non accade spesso in ambito italiano...): “O, che bel film!”.
La battuta sul finale (“Vuoi che me ne vado?”) è la spia inequivocabile di quanto affermo: era così difficile far recitare “Vuoi che me ne vada?”? Era troppo snob? E’ così tanto impopolare, anti-economico, improduttivo usare il linguaggio appropriato? E non solo per il congiuntivo: è tutto il linguaggio filmico ad essere sbagliato. O meglio: giusto per qualunque cosa (tre puntate su raiuno, una sit-com in dodici episodi, una soap-opera di sedici anni e mezzo) tranne che per quello che deve essere un film.
A noi, noi del cinema, ci ha rovinato la televisione. E i soldi, pure.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta