CRUEL PETER (ITA) 2019 ASCANIO MALGARINI E CHRISTIAN BISCEGLIA
Il malvagio e viziatissimo ragazzino di origini inglesi Peter (Aran Bevan), forte del protezionismo di una madre poco autoritaria e dopo la traumatica scomparsa prematura del padre ,non ha paura di essere fermato nei suoi crudeli giochi di morte nella sua possente e feudale dimora familiare in una Messina fluttuante pre-terremoto…uccide per puro divertimento ogni genere di animali e con un vestitino con orlo di pizzo merlettato alla “Piccolo Lord” brucia piccoli roditori inzolfati intrappolati in gabbie anguste… ma il suo giardiniere, stanco e mortificato per la sua spietatezza e per il suo innato sadismo, lo seppellisce vivo in una bara fino a quando dopo circa un secolo un archeologo anglosassone con figlia a seguito recatosi in Sicilia per motivi lavorativi ritrova la sua lapide… Gli esterni sono a dir poco affascinanti dove una panoramica Messina offre scorci travolgenti con un belvedere che dipinge tetti e vicoli che si scagliano contro un mare azzurro calmo che si perde a vista d’occhio mentre i lunghi boschi con alberi sempreverdi secolari che sorprendono la storica villa Hoffman in perfetto stile liberty “abbellita” dalle enigmatiche statue, portano in grembo segreti e un arredamento minuziosamente allestito. La fotografia fiabesca di respiro internazionale si alterna al folclore nostrano con amuleti portafortuna fucinati da riti pagani che ostentano tombe trafugate scrigno di tanti macabri ricordi che hanno tanti legami con un passato che non tarda a riemergere per gridare vendetta. I fotogrammi preannunciati dell’inevitabile possessione di stampo demoniaco vengono (ottima la scena cannibalica che ricorda forse un po' Joe D’amato) assegnati d’ufficio alla figlia muta dell’archeologo che rivive i flashback dei trascorsi pre-terremoto e parla con i defunti attraverso una palla magica che rotea parole e risponde alle domande con avverbi monosillabici …ottimi jumpscare effettati anche nella piena luce del sole con sinistre e luttuose figure con make-up incipriati e capigliature corvine ingenue a tuppo contornanti orecchini a perla pendolanti e esibiti orgogliosamente su lunghe tuniche tenebrose e oscure. Infine scelta azzeccatissima di coinvolgere attori stranieri antropologicamente anglosassoni come Henry Douthwaite che si muove a suo agio nella maestosa villa con torce illuminanti auto-ritrattanti sinuose sagome con narcise cornici e lunghi lenzuoli bianchi tesi a nascondere mobilia stile arte povera con cassettoni che suggellano incastri a nido di rondine mentre la caratterista dalla fisiognomica nostrana come la convincentissima interpretazione della fattucchiera Aurora Quattrocchi si immedesima nel ruolo e con la sua timbrica dialettica dà forza agli inevitabili esorcismi…menzione a parte per la messinese a dir poco stupenda Katia Greco che incarna la stereotipata donna sicula con una capigliatura folta e dalla sottile pelle olivastra che sporge su un corpo armonioso poco incline ad un vestiario proibito e che per questo non sfocia mai nel volgare…infine al poliziotto Calarco è riservato il twist finale. Buon film per una terra che menziona troppo spesso il suo glorioso passato senza notare questi ambiziosi film che stanno plasmando con ardore e sforzi una nuova corrente gotica italica come nel recente “Il Legame” che mescola sapientemente la tradizione anglosassone con il nostrano…
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