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Dunkirk

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Dunkirk

di CineNihilist
7 stelle

L’emozionante avventura fantascientifica di Interstellar consacra nuovamente Christopher Nolan agli occhi del grande pubblico riuscendo a mantenere un’alta notorietà anche al di fuori della trilogia sul noto pipistrellone, grazie alla sua notevole tecnica spettacolarizzante coniugata ad un intrattenimento di spessore ormai idolatrato dal suo pubblico fidelizzato. 
Il regista britannico decide così di buttarsi su un progetto ancora più personale che sognava da anni ovvero realizzare un war movie sulla famosa evacuazione di Dunkerque (nel film Dunkirk) del 1940 durante la Seconda Guerra Mondiale, scegliendo però una cifra stilistica più asciutta, analogica e quasi minimalista rispetto ai suoi altri lavori abbandonando anche molti dei suoi temi cervellotici spesso criticati dai suoi detrattori.

 

Dunkirk' director Christopher Nolan on why, in this era of peak TV, he's  still all in on movies - Los Angeles Times

 

L’approccio di Nolan al famoso miracolo bellico compiuto dal famoso contingente anglo-francese segue dunque un approccio cinematografico di taglio realistico nella ricostruzione degli eventi utilizzando effetti speciali analogici e mezzi bellici dell’epoca per donare allo spettatore un’immersione totale e fedele sull’evento storico trattato, eliminando addirittura ogni tipo di protagonismo attoriale optando per un cast corale per sottolineare la preminenza della Storia rispetto agli uomini che in Dunkirk diventano mere pedine in quanto soldati allo sbaraglio in bilico tra la vita e la morte, la speranza e la disperazione, la vittoria e la sconfitta.

 

scena

Dunkirk (2017): scena

Kenneth Branagh, James D'Arcy

Dunkirk (2017): Kenneth Branagh, James D'Arcy

scena

Dunkirk (2017): scena

 

L’aspetto più interessante del lungometraggio è sicuramente la narrazione non lineare tipica della poetica nolaniana ossessionata dalle distorsioni temporali che qui si suddivide schematicamente nei tre teatri di scontro tra le truppe anglo-francesi e l’esercito tedesco: il molo di Dunkerque che copre un arco temporale di una settimana dove la maggior parte delle truppe alleate attende le navi di soccorso dell’Impero britannico per poter fuggire nel Regno Unito; il mare che copre un arco temporale di un giorno dove si assiste al recupero dei soldati da parte delle imbarcazioni dei civili britannici; e infine il cielo che copre un arco temporale di un’ora dove tre piloti della Royal Air Force cercano di proteggere i soccorsi marini della madrepatria dai caccia e bombardieri tedeschi che distruggono ripetutamente i trasporti britannici necessari per salvare il battaglione anglo-francese accerchiato dalla morsa dell’esercito nazista.
L’intreccio di queste tre sequenze temporali e spaziali attraverso un montaggio alternato studiato nei minimi dettagli conferma un’altra volta la grande tecnica di Nolan, che con questo suo film di guerra dimostra una profonda ricercatezza nella drammaturgia della messa in scena per evidenziare al meglio la drammaticità della guerra e della disumanità che comporta nei soldati.
L’introspezione psicologica emozionale viene dunque meno sulle singole caratterizzazioni dei singoli personaggi, ma redistribuita equamente nell’intero corpo attoriale che deve interpretare svariati ruoli militari senza particolari approfondimenti psicologici.
L’empatia e l’immedesimazione dello spettatore nei personaggi vengono perciò accantonate dal regista per dare maggior enfasi più all’evento storico e al mondo che lo circonda piuttosto che alle mere pedine umane che lo compongono, ritornando dunque all’aspetto più radicale della poetica nolaniana che suggerisce allo spettatore di innamorarsi più alla spettacolarità del “sistema Cinema” più che al semplicistico bisogno fisiologico di riconoscersi in qualcuna/o dall’altra parte dello schermo.

 

Aneurin Barnard, Fionn Whitehead

Dunkirk (2017): Aneurin Barnard, Fionn Whitehead

scena

Dunkirk (2017): scena

scena

Dunkirk (2017): scena


La glacialità e la freddezza più spinti del solito in questo Dunkirk tutto nolaniano hanno dunque un senso ai fini della drammaturgia, dove la brutalità della guerra che riporta allo stadio primitivo l’uomo non porta nient’altro che ad una sofferenza e violenza continue, e che solamente il sentimento della compassione e dell’altruismo definiscono le reali virtù e valori di un uomo in tempo di guerra.
Il messaggio pacifista della pellicola non è quindi da mettere in discussione e in fin dei conti è più che lecito difenderlo, tuttavia il film non riesco ad amarlo totalmente anche per via della mia generale critica al didascalismo e alla piattezza della maggior parte dei film storici in cui Dunkirk rientra per una serie di motivi.

Innanzitutto cambiare il nome della città da Dunkerque Dunkirk nel titolo solamente per esaltare il coraggio britannico rispetto a quello francese è di per sé retorico in un film che non vuole sembrarlo visto che a conti fatti il sacrificio dei francesi viene piuttosto marginalizzato rispetto al ruolo dei britannici che sì, Nolan critica in alcuni momenti quando un soldato britannico si scaglia contro un soldato francese solo perché silenzioso e “straniero”, ma per il resto del film a parte qualche occhiolino alla Francia sono gli inglesi a scamparla grazie al loro coraggio e alla loro “fortuna geografica”, senza menzionare minimamente i rimpatri, i sacrifici e la capitolazione che i francesi subiranno pochi mesi più tardi alla Operazione Dynamo.
Questo ambiguo e mascherato patriottismo all’Impero Britannico mescolato ad una presunta ricerca storiografica eccelsa e analogica, in realtà cozza terribilmente con la realtà dei fatti che Nolan altera per compiacere il suo gusto estetico, ma che alla fine della fiera non dona minimamente spessore all’opera in sé dove diventa un mero esercizio di stile senza amore né calore simile più ad un bel documentario storico che ad una profonda esegesi sulla guerra e sulla Storia.

 

Aneurin Barnard

Dunkirk (2017): Aneurin Barnard

scena

Dunkirk (2017): scena

Kenneth Branagh

Dunkirk (2017): Kenneth Branagh

 

Il risultato di un approccio così artificioso al materiale storico-bellico non gli conferisce quindi né un approccio atipico e profondo come grandi capolavori del passato quali Apocalypse Now e Full Metal Jacket né uno profondamente emozionale (e anche profondamente retorico perché no) come i recenti La Battaglia di Hacksaw Ridge L’ora più buia, finendo col diventare anonimo non solo nel genere dei war movie, ma anche all’interno della stessa filmografia del regista.
Il tecnicismo nolaniano così esasperato nella ricerca stilistica cinematografica perfetta cozzando incredibilmente col suo stesso realismo storiografico pretestuoso tanto ricercato senza poi generare nessun tipo di coinvolgimento emotivo da parte dello spettatore persino nella lettura del famoso “Dunkirk spirit” di Churchill perché letta da un apatico soldato britannico sopravvissuto alla disfatta militare, non può che lasciare una profonda amarezza e una conclusione scialba dopo uno spettacolo visivo comunque degno di tale nome.

 

Fionn Whitehead

Dunkirk (2017): Fionn Whitehead

 

Dunkirk, o meglio Dunkerque come è universalmente riconosciuta la città francese nel mondo, soffre a mio avviso di una eccessiva formalità drammaturgica che ne svilisce la sostanza sia storica che cinematografica, regalando sicuramente uno spettacolo estetizzante e passionale nella sua ricostruzione scenica della Storia, ma che in fin dei conti se non fosse stato girato con alcuni dei canoni nolaniani, sarebbe rimasto un semplice e banale documentario storico con parecchie ambiguità ed inesattezze.

 

scena

Dunkirk (2017): scena

 

E se Nolan avesse voluto tanto imitare un Malick o un Kubrick di turno per il suo prezioso war movie, gli sarebbe mancato oltre un talento artistico notevolmente superiore, anche una caratteristica fondamentale necessaria per colpire fino in fondo lo spettatore: il cuore. 

Un elemento che spesso non va a braccetto con l’eccessiva razionalità e la voglia di superarsi sempre per mantenere viva un’ambizione spesso troppo cervellotica, che infatti rappresenta chiaramente la maledizione della poetica nolaniana.

 

The Prestige insegna, ma anche un’opera quasi centenaria come Metropolis: “Il mediatore fra il cervello e le mani dev’essere il cuore!”.

 

Voto 7.5

 

locandina

Dunkirk (2017): locandina

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