Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Christopher Nolan dal 2005 tiene alta la dignità del blockbuster Hollywoodiano, che senza di lui che vi lavorasse in modo continuo, sarebbe oramai ridotto alla spazzatura totale, visto che oramai sopra i 100 milioni si producono solo film tratti da altre fonti (in modo da avere già un pubblico di base), remake/reboot e franchise da cui tirare fuori almeno una trilogia; questo non è cinema ed infatti stiamo arrivando ad assistere in ambito blockbuster sempre più a prodotti infantili, vuoti e facilmente dimenticabili. Nolan è l'unico che con continuità, cerca di innestare contenuti adulti in una tipologia produttiva che sta livellando il suo target sempre più verso il basso.
Con Dunkirk il regista si libera delle sue debolezze precedentemente imputatagli (buchi di sceneggiatura, contorsioni inutili nello sviluppo narrativo e abuso dei meccanismi ad orologeria), per mettere in scena una pellicola di appena un'ora e quarantacinque minuti (la più breve della sua filmografia dopo Following) basata tutta su un'esperienza immersiva.
Terra, acqua, aria. Una settimana, un giorno, un’ora. Tre esistenze, tre scenari (che poi finiranno per coincidere), tre aneliti di sopravvivenza e, soprattutto, r/esistenza. Resistenza nei confronti di un nemico invisibile, ma presente, incombente e letal; ecco una definizione breve e concisa di Dunkirk.
Non ci troviamo innanzi ad un banale film sulla seconda guerra mondiale come etichettato da molti (o che ci si aspettava di ritrovare), ma una pellicola basata sulla sopravvivenza; un'esperienza immersiva non realizzata in modo spettacolare, ma assolutamente minimale e senza inutili orpelli. Già la prima sequenza che mostra il soldato Tommy (Fionn Whitehead) scappare via dai soldati tedeschi che uccidono tutti i suoi compagni, più che in guerra, sembra di stare ad assistere ad un combattimento di guerriglia (con delle riprese quasi da film horror di alta classe giocato sul visto/non visto) dove più che la vittoria (oramai perduta), conta vivere o meglio sopravvivere.
Non è facile avere salva la vita; specie se tutti gettati ed ammassati su una spiaggia che separa la terra (oramai simbolo di morte ed inospitale), dalla vita (la riva opposta, cioè la Gran Bretegna); il problema è che c'è di mezzo il mare, un luogo altrettanto inospitale, e se per questo, ancor più precario ed inospitale alla vita umana. Tra terra e mare, di mezzo c'è una spiaggia, un luogo-non luogo dove si è in una sorta di limbo sospeso tra la possibile sopravvivenza e la morte incombente; non c'è modo di comunicare con l'altro, perchè anche gli altri soldati vogliono sopravvivere a tutti i costi nell'irrealtà grottesca della vicenda (tutti in fila ordinati per reparto quando la guerra dovrebbe sancire la dissoluzione di ogni regola). I dialoghi sono scarni, minimai, secchi ed asciutti, contribuiscono a farci entrare poco in sintonia con i soldati, ma per un semplice motivo, Nolan ci getta sulla spiaggia, siamo soldati in attesa, vogliamo andarcene al più presto da quest'inferno e dimenticare una sconfitta epica, mentre in tutto questo l'attesa ci sta uccidendo.
Ma il fascino dell’opera ovviamente non si esaurisce con questo fantastico espediente espressivo. Anche i momenti in essa raccontati sono esaltanti, appassionanti, efficaci. Ogni frammento ha una sua forza, una sua visionarietà, una sua capacità di emozionare e stupire. Il tema delle tre linee temporali è, come detto, la sopravvivenza: il resistere in tre contesti in cui la percezione dell’attesa, di essere salvati o abbandonati, è profondamente diversa. Se l'attesa sulla spiaggia pare eterna, mortificata da un mare beffardo che sembra respingere ogni speranza di fuga, sotto la costante minaccia degli attacchi aerei, le vicende viste dal mare sono segnate dall'urgenza di arrivare, di essere d’aiuto, di prestarsi alla causa.
Il borghese Dawson (Mark Rylance), è l'aiuto civile insperato, l'uomo comune che dalla guerra ha perso la cosa più cara (un figlio), ma nonostante ciò si prodiga nel dare il suo contributo, per una causa che vada oltre il mero interesse personale borghese. Egli infatti insieme all'altro figlio e ad un altro ragazzo, tenta di andare in francia con la barca per salvare quanti più soldati possibili, incontrando lungo la strada un soldato sotto shock seduto sui resti di una nave oramai affondata (Cillian Murphy) e che di aiutare nell'evacuazione non ha proprio voglia, visti gli orrori indescrivibili vissuti. Rylance capisce il terrore del soldato, ma il suo senso del dovere è ancora più forte del proprio istinto di sopravvivenza.
Infine, lo scenario aereo che ha per protagonista il pilota Farrier (Tom Hardy) è un’insopportabile e tesissima corsa contro il tempo, con questo volo che nel finale diventa lento, lentissimo e sfiancante librarsi tra la vita e la morte.
Il film è pieno di atti eroici (sottolineati dalla colonna sonora di Zimmer, che ne amplifica la portata) compiuti un po' da chiunque, che si tratti di aviatori, di padri borghesi prestati alla marina, comandanti che devono decidere su chi deve salvarsi (un Kenneth Branagh gigantesco) o di ignoti soldatini di fanteria.
Se la guerra è descritta come brutta sporca e cattiva, le persone messe nelle condizioni più estreme hanno sempre la possibilità di scegliere fra il bene e il male e a Nolan piace indicare la via della luce piuttosto che quella delle tenebre (dopo il pessimismo cosmico del Cavaliere Oscuro).
Le immagini sono sorprendenti, meravigliosamente plasmate da un Van Hoytema sublime, e riescono, oltre che ad ammaliare con la propria luce e composizione, anche a caricarsi di valore simbolico; si pensi ad esempio alla sequenza dei tre soldati sulla spiaggia seduti ad osservare l'incessante rovesciarsi della schiuma marina sulla battigia o a quella del soldato che si abbandona disperato alle onde o a quella del tiro al bersaglio allo scafo o della pioggia di volantini minacciosi.
Per non parlare delle sequenze aree, che nell’immensità dello schermo cinematografico pensato per la proiezione del film, il rotondo, immenso e avvolgente IMAX, sono straordinariamente immersive, fan credere veramente di volare. Così, mentre l'occhio della macchina da presa intercetta di volta in volta il sole accecante, l’orizzonte terracqueo e il nemico mortale, noi spettatori ci sentiamo intrappolati col bravissimo Tom Hardy in una carlinga infuocata e asfissiante, sotto l'impietoso bombardamento di effetti sonori di insostenibile violenza.
Qualcuno c'ha visto Salvate il Soldato Ryan (1999), sopravvalutato film buonista e nazionalista di Steven Spielberg; ma l'approccio di Nolan è quanto di più lontano possibile, così come insensati sono i paragoni fatti con Kubrick con Full Metal Jacket (1987), al massimo ci si può vedere Orizzonti di Gloria (1957), ma Dunkirk in realtà è una pellicola totalmente personale e più che un film, risulta essere una esperienza audiovisiva che si segue in apnea, con gli occhi spalancati ed incollati allo schermo e il cuore in fibrillazione.
Lascio stare letture sulla Brexit fatte da parte della critica (tipo Foffi), che ha letto il film come metafora dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea come unica possibilità di sopravvivenza, lasciando a sè stesso il continente (ma la frase finale di Bolton sui francesi in realtà lo smentisce), altrettanto infondate sono le critice di certa stampa francese sul poco spazio a loro dedicato, visto che la Francia (benchè certi nazionalisti neghino ciò) nella seconda guerra mondiale è stata totalmente irrilevante, beccando solo sconfitte su sconfitte e inspiegabilmente venne messa al tavolo dei grandi come vincitrice dopo la fine del conflitto bellico.
Dunkirk rappresenta l'apice (per ora) di un regista che ha eliminato tutte le proprie debolezze e ha trovato una propria idea originale e personale di cinema (la media di 7.3 che ha ora su Filmtv è oscena). Nonostante le svariate nomination agli oscar tra cui miglior film e regia, il film che avrebbe meritato di giocarsi la vittoria contro Il Filo Nascosto di Paul Thomas Anderson, venne trascurato da tutti i premi a favore della marchetta della Forma dell'Acqua di Del Toro. Sta a voi e alla storia, rimettere le cose apposto dandogli il giusto peso nella storia del cinema.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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