Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Pur nella sua genialità, Paolo Villaggio non ha inventato nulla. Se il suo Fantozzi è la versione parossistica della vita impiegatizia, questo Il posto, opera seconda di Ermanno Olmi, ne è la fotografia. Tra un qualsiasi ragionier Filini e i travet che popolano il film del regista bergamasco non c'è praticamente alcuna differenza. Olmi ci porta per un'ora e mezza nella vita di un ragazzetto (Panzeri) al suo primo impiego, pedinandolo con piglio verista quasi in tempo reale. Il taglio semidocumentaristico e l'iperrealismo dei personaggi restituiscono a meraviglia il ritratto a tutto tondo di una società pauperista e patriarcale, quella dell'hinterland milanese, nella quale i ruoli - in società, in famiglia, sul posto di lavoro, tra i sessi - sono perfettamente definiti e insindacabili. Con delicatezza e finissimo sguardo antropologico, Olmi mette a nudo le debolezze e le ingenuità di questi uomini e donne di retroguardia, descrivendone i vizi, gli ambienti, le ossessioni. Ma il film è anche l'occasione - che anticiperà il tema de I fidanzati e La cotta - per raccontare un doppio rito di passaggio: oltre a quello dell'ingresso nel mondo del lavoro, anche quello dei primi, incertissimi passi verso l'altro sesso.
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